lunedì 27 giugno 2011

La spada se le canta - Vol. II

E' un bel po' che non scrivo qui da me. Sono piuttosto impegnato ultimamente e ho meno tempo da dedicare a questo, ma è pure la voglia... Appena posso preferisco fiondarmi direttamente al mare, distendere il mio asciugamano sulla sabbia bianca e godermi il sole cocente, per poi concedermi qualche tuffo in acque limpide e ancora piacevolmente fresche. A volte non desidero niente di meglio.


La stagione turistica è ormai iniziata e anche se le mie spiagge preferite continuano ad essere ancora piuttosto solitarie, non è più il caso di stare al mare con le palle al vento, come piace a me.
Dovrò aspettare settembre per la mia adorata abbronzatura integrale. A causa del "comune" senso decenza. Ma con voi non vale. Voi siete intimi...



Stamattina invece devo stare in casa. Poco male. Il risveglio è stato a cazzo duro e prepotente. E ho il mio bel da fare per tenerlo buono. Non che mi dispiaccia poi tanto. Così un po' scrivo le mie cazzate e molto mi masturbo. Ad altro non penso. Voglioso e indecente come una scimmia sono.

Eppure stanotte con Lei avevo goduto bene, prendendomi tutto, colmandola d'uccello inesausto in ogni sua generosa apertura. L'orgasmo l'ho colto mentre la inculavo (si dice proprio così, sa'), a fondo, sbattendola forte. Ah sì. E' proprio una cosa che mi fa impazzire questa. Chiavarmi a più non posso, senza pietà, il suo culo meraviglioso.




E ci prendo ancor più gusto quando, come ieri, sono un po' incazzato con la mia bella puttana. Ma non c'è da preoccuparsi, Lei ne gode, geme forte, si masturba fino a raggiungere l'orgasmo mentre le squasso il culo a mio piacimento.


***
Stamattina è andata via presto, a lavorare per cantieri, con la sua bella minigonna in jeans, poco più che inguinale. Le cosce bianche, tornite, sode, rilucevano al primo sole. Immagino gli sguardi degli operai, il piacere che ne avranno, i loro occhi che colano sperma. E ne godo. Nel frattempo mi masturbo come una scimmia indecente.

sabato 11 giugno 2011

Sammy

Il suo bambolo mi chiamava, a volte. Sammy. Amica fin dai banchi di scuola, la ritrovai nella città universitaria: avevo perso tempo e lei mi aiutò ad ambientarmi nella nuova realtà. Generosa e intelligente, con un forte senso morale. Pudica, non amava i discorsi sboccati, le volgarità gratuite. Era una gran chiacchierona e si poteva parlare di tutto, ma non di sesso. Trovava, credo, sconveniente, disdicevole, parlare di aspetti così privati e intimi. Non amava neppure le ambiguità e i doppi sensi.

Ma io da quel punto di vista non la pensavo proprio. La consideravo più come una sorella, o meglio come una cugina. Di sicuro c'era forte simpatia reciproca, con una sorta di tenerezza. E sostegno reciproco, ma assai più da parte sua.

Generosa lo era anche fisicamente, con grandi mammelle, che però preferiva celare agli sguardi rapaci degli uomini. Per il resto era abbastanza minuta, con una carnagione lattea, le efelidi rosse sul viso dai lineamenti fini e delicati.

Diventai molto amico del suo fidanzato e loro della mia prima ragazza. Il mio rapporto si chiuse prima e in modo sofferto, ma fui finalmente libero, anche di puttaneggiare finalmente. La definizione era dell'altra mia carissima Trilly, che tornai a tentare a quei tempi, assieme a molte altre. Mi gustai per quasi due anni libertà e varietà. D'altronde ero la persona giusta, nel posto giusto, al momento giusto. Perché non approfittarne, cazzo? Senza troppi sensi di colpa. Senza pensare troppo se l'amica del momento era sposata o fidanzata. Ognuno è libero di fare quello che gli va. Come cantava Tenco, mai troppo compianto.

Poco tempo dopo anche il rapporto di Sammy iniziò a vacillare, per poi andare definitivamente in crisi. Io non c'entravo, ero irreprensibile, anche se lui qualche volta si era ingelosito un po' per le attenzioni che Sammy mi rivolgeva. Quelle che io pensavo fossero le normali attenzioni di una cara amica, senza secondi fini. E magari fino ad allora lo erano pure. Mah. Valle a capire le donne...

Ricordo che una sera di luglio di ormai diversi anni fa mi chiamò al cellulare per dirmi che col fidanzato era finita. L'aveva lasciato. In quel momento ero in compagnia di Slim, uscivamo insieme da poco. Mi chiese della telefonata, e se ne mostrò stupita e anche un po' adombrata.

Era un periodo piuttosto convulso della mia vita sentimentale/sessuale quello. La stessa estate conobbi, il senso è quello biblico, anche Aspasia, dando finalmente sfogo ai suoi brucianti desideri. A quelli di sesso, ma non ancora a quelli d'amore e infine di detestabile possesso. Che eresia, come se si potesse possedere il vento di scirocco, quel demonio.

Sammy la rividi in autunno. E pure l'ormai ex fidanzato. Tentai, con ogni cautela di mediare fra loro, ma Sammy era irremovibile sulla decisione presa, da troppo tempo l'aveva maturata. Indietro non sarebbe tornata. Lui ne soffriva, ancora non se ne faceva una ragione. Nonostante le cautele mi trovai fra due fuochi. A risentirne furono i miei rapporti con lui, che andarono peggiorando, estinguendosi con l'andare del tempo. Due fratelli, tali eravamo stati, che non si riconoscevano più.

Sotto Natale tornai al paesello con la voglia di rivedere Slim e ci restai male quando lei si ritrasse. Fu una rinuncia la sua, e davvero non posso dimenticare la sorpresa bruciante e il dispiacere in quei meravigliosi occhi neri quando mi vide con Sammy. Era tornata pure lei e m'aveva invitato a bere una birra insieme. Che strana situazione si creò in quell'incrocio di sguardi. Uno dei cosiddetti casi della vita.

Da lì in poi si chiuse il sipario con Slim e mi si aprì il palcoscenico di Sammy.

Bevemmo due bei boccali di birra bionda e spumosa, chiacchierando dei fatti nostri, poi lei mi disse che si sentiva un po' brilla e che aveva bisogno di una boccata d'aria. Fuori dal locale si apriva la campagna buia, ma l'aria era mite, soffiava un vento tiepido e avvolgente, di scirocco.

Mi disse che le girava un po' la testa, che aveva bisogno di camminare un po'. Prendemmo la stradina bianca che sembrava perdersi nell'oscuro nulla, finché non sentimmo più le voci chiassose provenienti dalla birreria. Finché non fu silenzio totale, sussurrato appena dal vento malandrino.

Trovammo un muretto basso dove sederci. Senza parlare. Solo mi disse che si sentiva un pochino sbronza, mentre reclinava dolcemente il capo sulla mia spalla. Sentii finalmente che significava altro. Sapeste, io sono di un tardo, a volte, in queste cose...

Mi diedi una scossa: resto sempre lucido anche quando bevo fino a schiacciarmi, fa parte della mia diffidenza atavica e un poco titanica. E due litri di birra, se ho ben cenato, tutt'al più mi mettono un pizzico di allegria, mi sciolgono. In quel caso invece mi irrigidii, in ogni senso. A quei tempi mi ci voleva davvero poco. Ciò nonostante mi alzai in piedi, pensando: no, non si può, non si deve. Non con lei, non con Sammy. No e poi no. Mi pareva ancora la ragazzina che avevo conosciuto il primo giorno di scuola. Devo aver pensato addirittura che fosse una specie di incesto. Probabilmente pensai pure che sarebbe stato abbietto da parte mia approfittare della situazione.

Mi allontanai da lei con la scusa, impellente, della pipì. Attraversai un campo. Non c'era quasi luna quella notte. La luce la forniva il concerto silenzioso delle stelle. Arrivai in prossimità di un cespuglio basso, come se ce ne fosse bisogno. Meditabondo mi sbottonai i 501 e lo tirai fuori: era grosso. Sarà stata la birra. Solo a quel punto mi accorsi che lei era appena dietro di me. La mia pudica amica mi aveva seguito.

Mi chiese se poteva farmela fare lei, la pipì. Io mi imbarazzai un po', ma non potevo dire di no. Mi fece scrosciare con rara perizia, mi scrollò e, dopo essersi inginocchiata me lo prese in bocca. Forse non subito, ma la staccai. Portami al mare mi disse.

In macchina la guardai in piena luce, mi sembrò un'altra persona, una che non avevo mai conosciuto. Era vogliosa. Mi chiese se poteva accarezzarmi. Non dissi no, anzi, le risposi che poteva fare tutto ciò che voleva.

La sua voglia era smania. Il tragitto era breve e quando giungemmo alla pineta mi ritrovai completamente nudo. Non so come era riuscita a spogliarmi mentre guidavo. Fortuna non aver incontrato posti di blocco.

Rimanemmo nell'abitacolo, in sua completa balìa. Mi leccò tutto, iniziando dai piedi, senza tralasciare niente, neppure gli anfratti più nascosti. Si dimostrò una maestra assoluta della fellatio, per poi mi balzarmi sopra, soffocandomi con le sue grandi mammelle bianche e sode, che afferrai come fossero la salvezza.

Si impossessò completamente nel mio membro e mi cavalcò fino allo stremo, montandomi senza pietà. Ne godemmo entrambi, ansanti. Senz'altro pensiero che il reciproco piacere. Quella sera fui suo. Del resto della vicenda seguiterò a dirvi.

venerdì 3 giugno 2011

Sesso senza amore

Parrebbe, di questi tempi, compito arduo definire cosa sia amore.

Mi vengono in mente immagini di gatte che leccano con atavica voluttà i loro piccoli appena nati. Penso anche a mia madre, che piange ancora il fratello maggiore, dato per disperso nella campagna di Russia. E poi cos'è, se non un gesto estremo d'amore, quello di chi si getta tra le onde del mare per salvare un'altra persona in difficoltà, senza neppure conoscerla, mettendo a repentaglio la sua stessa vita? E poi, non è forse amore quello dello scrittore dei bassifondi, che scandaglia nella profondità della propria sofferenza per farne un fiore da offrire ai lettori?

Gli esempi possono essere tanti, ma occorre restringere il campo a quel sentimento imperioso che si crea, talvolta, tra uomini e donne. E che può essere più o meno condiviso.

Nell'adolescenza e nella prima giovinezza ho avuto una pessima educazione sentimentale, formata più sui libri che sull'esperienza diretta, alla quale spesso mi negavo per una sorta di "timidezza", e perché i miei ideali andavano a sbattere duramente il muso sull'impietoso muro della vita. Cercavo una donna sì, ma che fosse quella. Non sono poi troppo cambiato.

Il problema era che per le ragazze conosciute non era così facile confrontarsi con Beatrice, Laura, Fiammetta, Manon, Marguerite, Fanny Torgioni Tozzetti, Nastasya Filippovna... Nient'altro che modelli, da cui la realtà spesso rifugge. E a cui le donne malvolentieri si assoggettano, come Irma, che rifiutò, con sdegnato amore, il ruolo immortale di Clizia.

Il pericolo più grande in cui si incorre è l'idealizzazione, il rincorrere un'amorosa idea che è parto esclusivo della propria mente, un bisogno del cuore. Si dovrebbe rispettare invece la piena individualità dell'altra persona, amarla (o non amarla) per quello che è, non per quello che rappresenta.

Fortuna che non ho mai trovato niente di strano nel sesso fine a se stesso. Altrimenti sarei stato fresco. Il più delle volte accadeva che le donne non si accontentavano (il congiuntivo m'affatica) del puro desiderio sessuale, ma si innamoravano. Volevano quel "qualcosina" in più, che io non potevo o non sapevo dargli. Cos'era quel "qualcosina" in più: amore, possesso? Ma le due cose non dovrebbero essere antinomiche?

Ora basta, con quest'ultima domanda lascio, smetto di scribacchiare e mi masturberò un po': questo è stato davvero uno dei post più pornografici che ho scritto. Perciò niente foto porcelle, pazienza se non rientrerà nel novero dei post più letti o commentati.