lunedì 21 gennaio 2013

Un culo, bianco

Il sole mi abbracciava per intero, solo al centro del mundo, sul più alto tra i candidi colli, sospeso tra cielo, terra, mare. La brezza marina mi sbaciucchiava le palle. (Prima del gran danno, non è ancora estate piena). All'improvviso quel culo, così bianco che appena appena balugina non troppo distante, non troppo vicino, mimetico nel biancore. Non faccio a tempo a sollevare l'arma che brandisco, la macchina fotografica, che il culo scompare, inghiottito dalle sabbie. Che miraggio è questo?

Un bel culo però, bianco. Ottimo colore per un culo, mi piace assai. E' un candore che mi seduce, un invito al vizio (se pure ce ne fosse bisogno). Ma forse è stato davvero un miraggio e sono davvero solo, esposto unicamente allo sguardo del sole, caldo, nutriente, protettivo. Invece dopo poco riappare. Giusto il tempo per poterlo valutare: potrebbe essere quello di un ragazzino, l'agile e nervoso culo bianco, chissà. Valutare non mi da il tempo di alzare l'arma digitale, ma solo di ammirare, prima che scompaia ancora una volta. Non è un miraggio, capiterà l'occasione. Ma l'attesa pare vana e quando ormai sto per tornare a distendermi ecco che riappare il culo bianco. Mi disorienta, ora è voltato e non si mostra, ma si apprende che è di femmena, e che è lui ora ad essere armato. Ed io sono la preda nel mirino del candido culo di ragazza. Ahi, ahi, che scatta, impietosa. Curiosa, golosa?

Pitonizzato non replico, che già sarebbe cosa buona e giusta al fine di celare il volto. Ho perduto il duello, ma non la possibilità di rifarmi. Mi resta l'agguato. Mi tolgo dalla sua vista e faccio un lungo giro fino a raggiungere un cespuglio, ottima postazione, ma il culo bianco nel frattempo è scomparso dalla mia di vista. Bene, sarà guerra di trincea. L'ardore guerresco, o semplicemente la situazione, m'induriscono l'uccello. A cazzo duro aspetto.

Invece ciccia, quando riappare il culo bianco è ormai riposto nei jeanss, a passo lento se torna a casa. Non mi resta che zoomare per scoprire di chi. Mi è noto quel volto ben più del culo. Però è quest'ultimo che ho ancora bene impresso quando ci torno su col penziero, a quell'evento. Strani penzieri. Avranno seguito? Chissà e chissà, l'inverno per me è calato come una scure troppo presto: gioia e dolore, come sempre nella vita, ma in dosi massicce. Presto arriverà madama Primavera e io ho un appuntamento galante con la brezza marina.      




        

venerdì 18 gennaio 2013

Ricapitolando

Càpita di farsi risucchiare dalla Vita.
Se la ride l'eterno tiranno,
che per definizione è il Tempo, maiuscolo,
e gioca a mio danno,
da che Mondo è Mondo.

Ma la Vita non è una cosuccia,
se la si considera a fondo, e regala scintille
d'eternità.

E ho imparato una Verità,
che già sapevo ed era già in me,
nelle pupille scure, e financo nell'animula,
nebulosa e incognita terra, hops, mortale.

Non era scritta su un giornale,
ma nella carne e nel sangue,
ed è una stilla imperitura, questa sì immortale,
destinata a fluire.

La Vita, è proprio vero, ha il suo sorriso.



Che aria stantia, in Suburra. Apriam le finestre, va là, lasciamo che sto ventaccio porti un po' d'arietta del 2013. (Mortacci, come passa il tempo). O sarà l'inclito disio di dar una lucidatina alla spada?  Non che non ci facessi qualche salto di tanto in tanto, ma per poi andare a sbirciare altrove, più che altro.

Proprio così, càpita che la vita ti risucchi. E la povera spada? Messa via, in soffitta, ad ammuffire si dirà. Ma che ci vogliamo fare, quando la Vita chiama, non ci si può nascondere, ne tanto meno rifugiarsi in Suburra a sproloquiar di varie amenità, menhirss, shivaismo tantrico, chiavate reali ed eventuali, masturbazioni digitali, polittttica gniente gniente, si sa.

Ricapitolando. Che ne è, o anche, che n'è, delle nostre eroine? Di Aspasietta lontana, che fu un tempo per me tutta tana (colava come poche al mondo quando bramava, bramiva). Un ricordo d'antan, quel poco che si sa non interessa, o almeno si finge non interessi. Che spesso è l'istesso. O no?

Y esotica vive pure più distante, ma basterebbe un clic, ma no, ma no. Asì es la vida. Porco sì, ma porcospino. Lontane tutte o quasi, Sammy ormai irraggiungibile, che fin che ha potuto ha fatto bisboccia: c'è anche quella che non (si) perdona, che non perdura. E Lys, il giglio, che gode solo se le si lascia far la geisha, che poi gli uomini a volte sono solo maschi, e si approfittano di questo diavoletto angelico, femmina da letto, donna di gran cuore. Yvette non l'è da meno quanto a questo, ed è assai più vicina, ma tiene famiglia. So che mi sorriderà sempre.

Perseverare diabolicum est, dice il saggio. Non così distante è Trilly, ma pur sempre tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Ma qualcosa si deve pur fare di questa affinità elettiva. Ci sono istinti, impulsi che solo possono essere arginati: un fuoco inestinguibile dimora sotto un placido manto di neve. Della serie, meglio non lasciarci da soli in una stanza, se poi c'è per caso un letto... Invece c'è la tecnologia, ci mancava solo il sesso virtuale tra noi due. Davanti ai miei occhi si lecca le dita, il sorriso è una malizia che solo lei sa, come al solito vuole e non vuole. Però alla fine vuole.

Le mostro il mostro che mi cresce nei ginss, lo alliscio. Sei un porco, constata. Il suo è un rimprovero che mi incita, e poi tra noi c'è sempre una prima volta. Anche se è vedere, ma non toccare. Mi addosso il sacrilegio ed estraggo  il membro mio impaziente. Ma è già duro, constata. (Se si puo rimproverare col sorriso). Porco, aggiunge.


Si lecca ancora le dita, bimba golosa. Ho voglia, dice, se tu fossi qua. Le rispondo che voglio vedere il suo favo di miele, ma è una metafora, in realtà le chiedo (domando, supplico, ordino) di mostrami la sua bellissima figa, bionda e ricciuta, stillante nettare soave, questo sì. Ottengo ciò che chiedo, cioè niente di più di ciò che lei vuole.

Ed è bellissima davvero, una farfalla rosea, vorace. Infila un polpastrello o poco più, sono tutta bagnata, constata. Vogliosissima. E tu hai un gran bel cazzo, aggiunge, ma non suona a rimprovero. Le sue dita iniziano a danzare con la farfalla, un ballo che si fa sempre più frenetico. Viene in fretta, al solito, Trilly, maliziosamente trionfante. E devo sbrigarmi a seguirla, ché conoscendola, potrebbe anche mollarmi così, con l'asso di bastoni in mano, senza potermelo giocare.


Sempre così noi, constata. Già, sempre così. Ma perché allora? E che ne so. Vabbè, alla prossima volta. Magari entro il prossimo decennio. Nsi sa.