sabato 27 novembre 2010

Questo blog va in letargo

Questo blog va in letargo,
per un po', ma poi torna.

Torna perché il gioco
mi diverte,
si sa che ci godo
a mettermi a mio agio.

Io dormirò un sonno profondo,
e spero di fare un lunghissimo sogno,
e che sia sereno, variopinto, straordinario.

Se chi mi ha leggiucchiato,
o si è beato delle fotine mie
e di quelle che ho rubacchiato in giro,
se ne ha avuto anche una piccola soddisfazione,
ne son ben contento,
per patire c'è sempre tempo.

Saluto caramente
chi mi ha onorato dei suoi commenti,
alcuni davvero belli, positivi, intelligenti.

Saluto anche chi seguo,
spesso con mio grande diletto e piacere.
A volte anche più di quello
che mi dà scrivere.

Sì, non voglio fare nomi,
ma ho visitato con frequenza,
in questi pochi mesi,
anche i blog degli altri,
quelli che mi hanno interessato
e quelli che mi hanno appassionato.

E quasi sempre sono stato accolto bene.
Per questo ringrazio col mio miglior sorriso
e tra le lacrime agito la spada.

Come un fantasma quando potrò
tornerò nei vostri commenti,
amici e amiche mie.

Chiedo venia della mielosità.

Mi viene già sonno...



Abbracci, carezze, baci.

(O, chi preferisce, un cenno con la testa,
una stretta di mano...)

Insomma...
Saluti a tutti...

Oh yeahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh



Ps: Pensavate che vi lasciassi così, senza un cadeau.
Per chi gradisce un ultimo mio stuzzichino...
qualche bella... sequenza.



I. In una spiaggia di nudisti...














Un rapporto un po' particolare.














Un piacere bagnato...












Fino all'ultima goccia di rugiada...





II.

Sapete, io amo il mare...












E non solo io mi pare.

A vous.

Guardoni...
;)












































Umhhhh, assai svagate, pure troppo.














Ci vuole un po' di colore...














Un po' di movimento.











Pure lento.
A volte è bello indugiare.











Pochi intimi naturalmente.

Basta un fallo eretto, una bocca golosa, vorace,
il mare.

































Avete notato il colore del mare?

E se non avete notato il colore,
avete mai, al tramonto, in riva al mare...













III. Non so voi, ma io ho una certa fantasia.











Vedere Lei che gode con altri cazzi.

Sarà grave?

Con me e un altro maschio.

Ma anche con me spettatore,
mi piacerebbe vedere come se la cava
con più d'un bastone a disposizione.













Che io poi sarei ottimista,
sono sicuro che la ragazza è dotata,
che si farebbe onore.














Così immagino di prenderla
con un gigante nero,
adeguatamente fornito.

Per vedere... come se la cava...

O anche se non è d'ebano,
fa lo stesso.














Vorrei proprio vedere
come se la cava
in una certa situazione.















Ah le fantasie...
Sapete, non mi accontenterei...














E immagino Lei, così vogliosa,
con tre bei ventenni.

O depravata, senza più freni
senza inibizioni,
con sempre più cazzi a disposizione.












Per vedere come se la cava.

Secondo me bene.

Così... immagino il suo corpo,
di cui sono perfettamente geloso...













Impregnarsi del succo d'altro uomo.

giovedì 25 novembre 2010

E ora basta con la poesia

E ora basta con la poesia!

Ora figa,
sì, ora figa, cazzo, culo, tette...

Pompini, inculate,
eiaculazioni più o meno moleste,
doppie penetrazioni,
gang bang e dilatazioni,
senza dilazioni.

E poi sperma a volontà,
come fosse champagne.

E facce, gambe, grembi
inondati
da succo d'uomo.

Due uomini e una donna,
due donne e un dildo,
tre uomini e una gamba,
questo meglio no.

Labbra assetate,
lingue assatanate,
e poi fighe e ancora fighe,
fregne tutte diverse,
la mora, la rossa, la bionda
e la pelata.

Capezzoli turgidi
e cappelle gonfie,
labbra vogliose,
quelle grandi e quelle piccole,
cazzi a volontà.

La bocca, il culo, le tette.
Buchi da riempire,
sperma che cola.

Che altro volere?
Basta con la poesia.












Cosa vuole questa bocca...

Cosa vuole questa bocca
che io non possa darle.














Per certe cose ci vuole un certo,
come dire, savoir faire.

Stile, eleganza, gusto
non guastano mai.

Poi, si sa, dipende sempre
da cosa uno vuole.















Ah la donna dei desideri,
così carina e birichina...

Una vita a sognarla...

Diventa tua se la vuoi.
E lì per te,
ricorda:
se non la scopi tu
la scopa un altro.

No no, certo che la vuoi,
ma poi,
come si dice,
diventa una cosa trita e ritrita.

La solita minestra.

Non sono mai sazi
certi uomini.

I porci.

Hanno in casa la dolce mogliettina...















Un zuccherino...

Però l'uomo si sa,
è uomo.
E' pure banale dirlo,
è quasi scontato.

L'uomo è cacciatore!

E se anche ha in casa
la sua delizia,
proprio non ne può fare
a meno.

Aspetti Penelope,
io sono Ulisse,
ho appuntamento
con la maga Circe.













Quella gentile signora,
la vedo di nascosto,
al tramonto, per un'ora.

Perché poi, più tardi,
mi aspetta la vicina.
E certo la dolce metà
non sospetterà mai.
Le ho sempre detto
che è così bruttina.















Con quegli occhiali...
ma sapeste che pompini!

In certi momenti
le si appannano le lenti,
non ci vede più
e monta la passione.

E ancora non vi ho parlato
della sua migliore amica.

Sapete, mi ha sempre
guardato strano.
e io niente, l'amicizia è sacra!

Però poi sapete...
com'è il detto:
l'uomo non è di legno.

Lei è una vera porcellina.















Ho rotto gli indugi. L'ho chiavata.

E l'amica d'infanzia?
Non si può essere senza cuore,
non l'ho mai scordata.

Dopo tanto tempo
mi piace ancora frequentarla,
anche ora che è felicemente maritata.















Chissà di chi è il bel bambino.

Certo troia è troia,
ma le voglio tanto bene.

Sa fare di quei lavoretti
con i piedi.















E' rilassante.
Fa bene a lei,
fa bene a me.

Perché per altri
lavoretti preferisco
mia cugina.

A sapeste, mia cugina...












A volte penso sia pure
ornamentale.

Tornando a mia cugina,
be', ha un sacco di tempo,
un marito dedito alla professione
e si annoia un sacco.

E' anche un po' troia.













Che c'è di strano,
quando sono infoiato
mi piace scrivere in inglese.

Le avventure sì,
qualcuna,
qualche volta,
sapete, ho vicina una spiaggia
di naturisti.











Che vi devo dire,
in certe cose
ho un grande appetito.















Per non parlare del lavoro, poi.

In ufficio devo ammetterlo,
ho una brava segretaria.

Mi aspetta sempre
in una certa maniera.












Un grande classico si dirà.
E che ci volete fare?
Non volevo essere così banale
e, giuro, ho cercato di resistere.

Ma sì, resistere,
sapete, sono ammogliato.
E comunque,
il detto è appropriato,
la carne è debole.

Debolissima certe volte.

Ho le mie debolezze lo confesso.















A volte passa una per la strada...
E io, non so come, la seguo.

Farò bene?













Farò bene o farò male...
E' l'istinto.

Si sa, tira più un pelo...
Anche quando di peli non ne ha.

Mi tira sempre.

E quando mi tira
devo in qualche modo sfogarmi.












Una vera goduria!

Non so resistere
al piacere.

E a mia moglie
non faccio mancare niente.

Penelope
è in casa che mi aspetta.












Con casti pensieri.














A casa, come una buona moglie,
mi aspetta,
assai ben disposta.












Timida. Vereconda.
Fedele.















Ho detto fedele...
(sempre questa cazzo di carità
verso gli immigrati,
stessero a casa loro,
con i loro così).















Ho detto fedele cazzo!

Come? Sono finite
le fotografie?

E' rimasta solo questa?











Di lei? Della mia dolce mogliettina?

Occazzi!

mercoledì 24 novembre 2010

E poi ancora poesia

E così sia.
Voglio stonarmi di poesia.
Strizzando fruste lettere,
minuscoli caratteri seguendo,
morboso di quella vecchia carta,
dei cari testi,
di tutto ciò
che mi porto faticosamente appresso.

Certo qualcosa in me
sanguina,
ma ho sempre, in serbo,
un candido sorriso
e vecchie pagine
dove rifugiarmi.

Perciò non mi dilungo
e leggo,
in un viaggio a ritroso
e in un paese che poco conosco,
se non da loro.

Apro d'Apollinaire,
a caso.


Il gatto

In casa mia mi auguro di avere:
Una donna che sappia ragionare,
Un gatto a passeggio fra i libri,
Amici in tutte le stagioni
Senza i quali non posso vivere.



Ecco di Mursia
il verde e il rosso.
Con Baudelaire
mi verrebbe d'andare, a naso,
sul medesimo titolo,
ma no, stavolta sfoglio,
sarà sempre un caso.

E così...


Duellum

Due guerrieri si sono aggrediti, ai bagliori
Delle spade si mischia già il sangue.
Quella scherma, quei giochi, sono come gli ardori
di giovinezza in preda all'amore nascente.

Le spade sono infrante, sì come l'armi, o cara,

Di nostra giovinezza; ma i denti acuminati,
E l'unghie entrano tosto in furiosa gara
- Furor dei cuor maturi, dall'amore ulcerati!

In un vallone alfine di leopardi e di lonze
Ferocemente stretti i due son ruzzolati:
Fioriran di lor pelle i cespugli spinati.


- Pieno di nostri amici
, quel vallone è l'inferno!
Ruzzoliamovi pure, amazzone inumana,
L'ardor dell'odio nostro, così, faremo eterno!


A ritroso, ora, di secoli,
ho per le mani
un grande classico,
e non è il mio pregiato volatile,
poco compatibile con polletti e pappagallini.

Voglio andare a scomodare
quel
(buon?) diavolo,
quel genio maledetto,
di Francesco (François) Villon.

In quel suo oscuro mondo di mezzo
proprio lui, il rejetto, di Francia,
douce et cruelle,
è il primo stendardo.

I suoi lasciti, i testamenti
sono lunghi assai,
mi accontenterò di mezza ottava,
questa volta scelta.


Il Testamento, LXX

La viola ho messo sotto il banco;
mai più amanti vorrò seguire:
se un tempo fui nelle lor file
di non esserlo più mi vanto.


Merci François,
toujours merci,
mon vieux frère.

Per il momento, poesia

Per il momento poesia,
in faccia a sto mondaccio
infingardo e crudele.

Che importa se non è
roba mia,
e che vor dì
in certi casi roba mia,
roba tua,
roba sua?

La poesia è di tutti,
forse non in tutti,
di certo non da tutti.

Perciò ancora
il ragionier-tenore,
alla faccia mia e vostra.

Per trovare adeguata espressione.


Upupa, ilare uccello calunniato
dai poeti, che roti la tua cresta
sopra l'aereo stollo del pollaio
e come un finto gallo giri al vento;
nunzio primaverile, upupa, come
per te il tempo s'arresta,
non muore più il Febbraio,
come tutto di fuori si protende
al muover del tuo capo,
aligero folletto, e tu lo ignori.


E. Montale, Ossi di seppia, 1925


lunedì 22 novembre 2010

Quello che volevo, quello che non volevo

Quello che volevo
l'ho avuto,
Lei è la mia troia.

Due giorni senza potermela
godere,
sono tanti.

Per me.
Per Lei.

La volta prima, poi,
mi aveva fregato.

Quando stavo per giungere
al culmine le dissi i miei desideri:
voglio innaffiarti la faccia,
è tanto che non lo faccio.

In alternativa voglio il culo.

Mi diede il suo culo da innaffiare.

Porca paletta si direbbe.

Ohibò.

Vabbè, non sto lì
a far tante storie.

Il suo culo ha davvero
qualcosa di speciale,
tanto da essere nominato,
suo malgrado,
da un bastardo,
a livello nazionale.

Ma questa è un'altra storia.
Privata e sua.

Insomma, il suo culo
sempre mi esalta,
ma ultimamente
ne ho fatto scorpacciata.

Preferivo la prima opzione.

Così ho aspettato, al varco,
la prima occasione.

Che io sia porco,
a me pare ormai chiaro.

E poi mi piace godere
come un somaro infoiato.

Ma volevo il suo bel volto,
chiudesse pure
i suoi occhi di smeraldo.

Lo sperma brucia!

L'ho allenata la spada
in quei giorni,
senza farla sfogare.

Ergo: i coglioni erano davvero pieni.

Così le ho chiesto il volto,
dopo averle prolungatamente
stantuffato
la fregna
(perché a un certo punto
della situazione la figa
diventa una vera fregna,
fradicia).

Così ha chiuso i suoi occhi
e spalancato la bocca,
le ho dato le ultime botte
furiose
in figa
poi sono uscito di corsa
e le ho inondato il viso.

Lo sperma copioso
colava su tutto il volto,
sul naso, sulla bocca, piena,
sulle palpebre e la fronte.

Potenti fiotti
di caldo sperma
avevano raggiunto
i capelli.

Ma tanto li doveva lavare.

Con gli occhi ancora chiusi
l'ho guidata in bagno.





Quello che non volevo,
l'avrei potuto evitare.

Ma ormai avevo detto sì
e ci dovevo andare,
ci dovevamo andare.

Io e Lei,
alla cazzo di festa
di compleanno.

Dovevo saperlo
che di certo sarebbe stato
presente
anche la faina.

Mi reputo uomo moderno
e a volte pure
spregiudicatamente libertino
(ma che termine arcaico però),
mah...

Mah... fino a un certo punto.

Ora, io posso pure essere pirla
ad essere andato alla festa,
però la troppa vicinanza
col tizio
non è che mi metta a disagio,
è che alla fine, ogni volta
(ed è già la seconda cazzo di volta
che succede)
mi girano poi vortacosamente
i miei sanctissimi,
sed etiam pregiatissimi,
miei coglioni.

Ed è pure recidiva.

E comunque mi tocca
preparmi alla bisogna.

Non faccio neanche tante storie
e quando mi parla
della presenza
della faina
la guardo e non commento.

Che è già un cazzo di commento.

Il fatto è che ultimamente
la ragazza si comporta
davvero bene,
e dice di amarmi e stramarmi.

Sincera.

Preparo
tre belle trombe
e poi sono bello.

Un orso solitario
che di raro mette il naso
fuori dalla tana,
sciupato, un poco sbattuto,
perché son sregolato,
ma bello,
cazzo.

Le femmine lo so
ossequierano,
invidieranno Lei,
e infatti alle mie cortesie,
ai miei baci sulle guance
andavano in sollucchero.

Anche i maschi
in questi casi,
se non esageri, se non debordi,
portano rispetto
(quanto invidioso,
velenoso, viperoso,
falso rispetto
spesso,
molti di loro potessero
mi metterebbero forse sotto
con la macchina,
ma di notte
e a fari spenti).

Decido come sempre.
Ogni rara festa dove vado
è anche la mia festa
e posso essere o spettatore,
(acutissimo e acuminato spettatore),
o protagonista.

Solo queste due cose
so fare,
ahimè.

Così decido
che non mi curerò
per nulla della faina,
non reggerò il loro gioco.

E così faccio.

E non giaccio,
non mi adagio,
solo che troppa allegria
(be' lo so la festa l'avrei evitata,
però già che ci sono
mi diverto un po'
ad accarezzare
qualche cagnolino scodinzolante).

La faina no,
non la evito,
e lui che evita,
nella grande sala,
sta sempre all'opposto

E brava la faina.
Che ormai sa
che io so,
se già non lo sapeva.

E di questo,
con Lei, al più presto,
indagherò.

Evita me lui,
ma naturalmente,
da buona faina,
non Lei.

Non le ho detto niente poi.
So già la risposta.
Ma cosa avrei potuto fare?

E già poverina,
perché poi va pure compatita.

Così la vedo che parla con lui
prima al bar,
calcolo,
a occhio,
un buon quarto d'ora.

Poi buona buona
viene a sedersi al mio tavolino.

Esco per suonare
con un amico
una delle mie trombe.

Torno,
chiacchiero con uno,
poi con un altro,
poi ancora con un altra o altro.

Nel frattembo sbevazzo
come un dannato,
e siccome son poco avveduto,
testa bacata
diventa otre gonfiata.

Con pessima scelta
mi do ai superalcolici.
Vedo che c'è una bottiglia
di Pampero,
e non so resistere,
mi ci avvento.

Ah il Pampero!


Raccatto anche qualche
gin lemon,
e tento un paio di mojotos,
i più schifosi della vita mia,
davvero atroci,
carichi di zucchero
(non di canna).

Ma il Pampero era finito.

Pure colpa mia oh!

Mi giro e vedo
Lei seduta al tavolino
a fianco alla faina,
che amabilmente
chiacchierano,
tra gli amici di lui.

E qualcuno è pure amico mio,
o qualcosa del genere,
cazzo.

Io in piedi, al bar,
col mio mio miglior amico,
che tutto sa,
mi taccio,
osservo,
e dico:
ma ti pare?

Lui mi guarda,
è un bestione
intelligente e buono,
vecchio stampo,
non risponde.

Risposta eloquente,
ché lui sa
che io so già la risposta.

Io non l'avrei permesso.

E non sarebbe la prima volta.

Quindi bevo e bevo,
ma sembro una quercia,
un po' ingobbita è vero,
ma reggo.

Reggo bene,
nonostante la lunga astinenza.

Lei chiacchiera con la faina
un altro buon quarto d'ora,
poi immagino le sarà squillato
il campanellino d'allarme.

Perché la volta prima
avevo lamentato
la lunga mezzora.

E l'avevo manifestamente cazziata,
il giorno seguente.

Stavolta no,
per non turbare
l'equilibrio,
perché a freddo è meglio.

Domani vedremo.

Comunque io faccio la spugna
e quando alzo la testa
un paio di volte,
la faina è li che mi guarda
sorridente?
Ridente?
Irridente?
Confidente?

Ma de che aò?

Ormai ho capito
che fa parte di una specie strana,
è una faina ridens.

Ma che cazzo te sorridi,
o scemo,
sei un bel tipetto,
farai pure un mestiere
che a Lei e alle donzelle spesso
garba assai,
ma se non ti torco il collo
è perché non è nel mio stile.
(O magari mi mena lui,
che questi tipetti di città
spesso fanno pure
arti marziali).

Preferisco ignorare.

Intanto,
inesorabilmente,
mi sbronzo.

Ma non sarei io,
se, sempre relativamente
lucido e sempre dignitoso,
non riesca a battere
in ritirata
prima di un catastrofico crollo.

E il mio miglior amico
non sarebbe tale
se prima di andar via
non mi dicesse,
a quattr'occhi naturalmente:
smettila di bere.

Io ammicco,
faccio capire
che va tutto benone,
ma lui prima di uscire,
si volta e mi dice ancora.
con le labbra stavolta:
smettila di bere.

Forse anche più di me
il mio amico
sa essere ubriaco e serio.

Così avverto Lei
e senza saluti per nessuno
al mondo
salto fuori
giusto in tempo.

Lei viene fuori dopo un cinque minuti,
il tempo dei saluti.

Faina ti strozzo.

Strada vuota fino a casa di Lei.

Io vomito.

Per fortuna non c'è la stradale.

Sarei da arresto.

Anche se ho ancora
un barlume, un scricciolo
di volontà
per riuscire
a fare quei maledetti
tre kilometri.

Con strada bagnata e gomme lisce.

Perché sono un maledetto.

A Lei non la faccio guidare.

Vomito ancora a casa sua,
poi mi ripiglio,
mangio una mela
e mi piglio un oki.

Via, non voglio
neanche un istante
il mal di testa.

Voglio dormire.
Dormire più che vivere,
come disse un poeta,
uno a caso.

Ma quando sono in queste condizioni
dormo poco,
così dopo un paio d'ore,
ancora buio pesto,
mi sveglio
e la trombo.

Perché Lei è la mia troia.


Ps: post lungo, scombinato e non riletto, vista l'ora, domani lo sistemerò, non ridete dei miei
errori. E seguiranno belle foto in tema, di quelle rubacchiate. A domani miei prodi! E mie prode!





PARTE I















Questa è una foto che mi piace assai.
Anche perché lei si somiglia tremendamente a Lei.
Anche la stessa lingua...

Quella sotto invece è una variante sul tema.














Ben gradita.











Ma preferisco sul faccino...
Dolce, tenero...












Intevo questo.












O ancora meglio questo.

Ma ho fatto di peggio.
Davvero una fontana...




PARTE II















Ecco cosa meriterebbe.















No no, non farle il culo.
Che quella ne godrebbe.
Sculacciate. Culo porpora.
Così impara ad arrossire.













Poi chiaro, sarei indulgente.