Il suo bambolo mi chiamava, a volte. Sammy. Amica fin dai banchi di scuola, la ritrovai nella città universitaria: avevo perso tempo e lei mi aiutò ad ambientarmi nella nuova realtà. Generosa e intelligente, con un forte senso morale. Pudica, non amava i discorsi sboccati, le volgarità gratuite. Era una gran chiacchierona e si poteva parlare di tutto, ma non di sesso. Trovava, credo, sconveniente, disdicevole, parlare di aspetti così privati e intimi. Non amava neppure le ambiguità e i doppi sensi.
Ma io da quel punto di vista non la pensavo proprio. La consideravo più come una sorella, o meglio come una cugina. Di sicuro c'era forte simpatia reciproca, con una sorta di tenerezza. E sostegno reciproco, ma assai più da parte sua.
Generosa lo era anche fisicamente, con grandi mammelle, che però preferiva celare agli sguardi rapaci degli uomini. Per il resto era abbastanza minuta, con una carnagione lattea, le efelidi rosse sul viso dai lineamenti fini e delicati.
Diventai molto amico del suo fidanzato e loro della mia prima ragazza. Il mio rapporto si chiuse prima e in modo sofferto, ma fui finalmente libero, anche di puttaneggiare finalmente. La definizione era dell'altra mia carissima Trilly, che tornai a tentare a quei tempi, assieme a molte altre. Mi gustai per quasi due anni libertà e varietà. D'altronde ero la persona giusta, nel posto giusto, al momento giusto. Perché non approfittarne, cazzo? Senza troppi sensi di colpa. Senza pensare troppo se l'amica del momento era sposata o fidanzata. Ognuno è libero di fare quello che gli va. Come cantava Tenco, mai troppo compianto.
Poco tempo dopo anche il rapporto di Sammy iniziò a vacillare, per poi andare definitivamente in crisi. Io non c'entravo, ero irreprensibile, anche se lui qualche volta si era ingelosito un po' per le attenzioni che Sammy mi rivolgeva. Quelle che io pensavo fossero le normali attenzioni di una cara amica, senza secondi fini. E magari fino ad allora lo erano pure. Mah. Valle a capire le donne...
Ricordo che una sera di luglio di ormai diversi anni fa mi chiamò al cellulare per dirmi che col fidanzato era finita. L'aveva lasciato. In quel momento ero in compagnia di Slim, uscivamo insieme da poco. Mi chiese della telefonata, e se ne mostrò stupita e anche un po' adombrata.
Era un periodo piuttosto convulso della mia vita sentimentale/sessuale quello. La stessa estate conobbi, il senso è quello biblico, anche Aspasia, dando finalmente sfogo ai suoi brucianti desideri. A quelli di sesso, ma non ancora a quelli d'amore e infine di detestabile possesso. Che eresia, come se si potesse possedere il vento di scirocco, quel demonio.
Sammy la rividi in autunno. E pure l'ormai ex fidanzato. Tentai, con ogni cautela di mediare fra loro, ma Sammy era irremovibile sulla decisione presa, da troppo tempo l'aveva maturata. Indietro non sarebbe tornata. Lui ne soffriva, ancora non se ne faceva una ragione. Nonostante le cautele mi trovai fra due fuochi. A risentirne furono i miei rapporti con lui, che andarono peggiorando, estinguendosi con l'andare del tempo. Due fratelli, tali eravamo stati, che non si riconoscevano più.
Sotto Natale tornai al paesello con la voglia di rivedere Slim e ci restai male quando lei si ritrasse. Fu una rinuncia la sua, e davvero non posso dimenticare la sorpresa bruciante e il dispiacere in quei meravigliosi occhi neri quando mi vide con Sammy. Era tornata pure lei e m'aveva invitato a bere una birra insieme. Che strana situazione si creò in quell'incrocio di sguardi. Uno dei cosiddetti casi della vita.
Da lì in poi si chiuse il sipario con Slim e mi si aprì il palcoscenico di Sammy.
Bevemmo due bei boccali di birra bionda e spumosa, chiacchierando dei fatti nostri, poi lei mi disse che si sentiva un po' brilla e che aveva bisogno di una boccata d'aria. Fuori dal locale si apriva la campagna buia, ma l'aria era mite, soffiava un vento tiepido e avvolgente, di scirocco.
Mi disse che le girava un po' la testa, che aveva bisogno di camminare un po'. Prendemmo la stradina bianca che sembrava perdersi nell'oscuro nulla, finché non sentimmo più le voci chiassose provenienti dalla birreria. Finché non fu silenzio totale, sussurrato appena dal vento malandrino.
Trovammo un muretto basso dove sederci. Senza parlare. Solo mi disse che si sentiva un pochino sbronza, mentre reclinava dolcemente il capo sulla mia spalla. Sentii finalmente che significava altro. Sapeste, io sono di un tardo, a volte, in queste cose...
Mi diedi una scossa: resto sempre lucido anche quando bevo fino a schiacciarmi, fa parte della mia diffidenza atavica e un poco titanica. E due litri di birra, se ho ben cenato, tutt'al più mi mettono un pizzico di allegria, mi sciolgono. In quel caso invece mi irrigidii, in ogni senso. A quei tempi mi ci voleva davvero poco. Ciò nonostante mi alzai in piedi, pensando: no, non si può, non si deve. Non con lei, non con Sammy. No e poi no. Mi pareva ancora la ragazzina che avevo conosciuto il primo giorno di scuola. Devo aver pensato addirittura che fosse una specie di incesto. Probabilmente pensai pure che sarebbe stato abbietto da parte mia approfittare della situazione.
Mi allontanai da lei con la scusa, impellente, della pipì. Attraversai un campo. Non c'era quasi luna quella notte. La luce la forniva il concerto silenzioso delle stelle. Arrivai in prossimità di un cespuglio basso, come se ce ne fosse bisogno. Meditabondo mi sbottonai i 501 e lo tirai fuori: era grosso. Sarà stata la birra. Solo a quel punto mi accorsi che lei era appena dietro di me. La mia pudica amica mi aveva seguito.
Mi chiese se poteva farmela fare lei, la pipì. Io mi imbarazzai un po', ma non potevo dire di no. Mi fece scrosciare con rara perizia, mi scrollò e, dopo essersi inginocchiata me lo prese in bocca. Forse non subito, ma la staccai. Portami al mare mi disse.
In macchina la guardai in piena luce, mi sembrò un'altra persona, una che non avevo mai conosciuto. Era vogliosa. Mi chiese se poteva accarezzarmi. Non dissi no, anzi, le risposi che poteva fare tutto ciò che voleva.
La sua voglia era smania. Il tragitto era breve e quando giungemmo alla pineta mi ritrovai completamente nudo. Non so come era riuscita a spogliarmi mentre guidavo. Fortuna non aver incontrato posti di blocco.
Rimanemmo nell'abitacolo, in sua completa balìa. Mi leccò tutto, iniziando dai piedi, senza tralasciare niente, neppure gli anfratti più nascosti. Si dimostrò una maestra assoluta della fellatio, per poi mi balzarmi sopra, soffocandomi con le sue grandi mammelle bianche e sode, che afferrai come fossero la salvezza.
Si impossessò completamente nel mio membro e mi cavalcò fino allo stremo, montandomi senza pietà. Ne godemmo entrambi, ansanti. Senz'altro pensiero che il reciproco piacere. Quella sera fui suo. Del resto della vicenda seguiterò a dirvi.