venerdì 20 dicembre 2013

Di fiotti e spruzzi

Stanotte abbiam fatto pace.
Io e Lei.
Nel modo migliore.

Nell'unico modo migliore che esista.

La pipa indiana ben carica
ha disciolto l'ultimo velo di gelo.

Da lì in poi i brividi sono stati altri.

Niente più tuoni e lampi,
limpido e sereno il cielo.

Mi sono impossessato di Lei.
Della sua sorgente, appassionato e avido.

Come una capretta col sale,
come il mare con la spiaggia.

Alla lingua ho alternato il cazzo,
e una, due, tre dita
si sono aggiunte al sollazzo.

Implacabile sono stato fra le sue cosce.

Ho esplorato in profondità ogni sua cavità,
fuoriuscendone sempre più grondante,
lubrico, osceno e impavido.

Ingolfata di desiderio,
in Lei si gonfia, come una vela,
la voglia.

E si gonfia, spumeggiante,
la sorgente,
così potente da espellere,
come fosse un siluro,
il cazzo.

Sbattuto fuori, senza cerimonie.

Un fiotto, intenso e caldo,
ne consegue,
si sprigiona da quella fornace ardente.

A contatto con l'aria
si fa etereo, sprizza sul mio corpo,
mi bagna dalle ginocchia all'ombelico.

Epicentro, le palle,
dove si sublima in un vapore,
che rapido svanisce.

Sulla punta d'un dito
assaggio di quel nettare impalpabile,
balsamo raro.

E' dolce, inodore, trasparente,
per nulla viscoso.

Sopravissuto all'inondazione,
mi rimmergo nella sua carne fremente.

Frenetica, una sua mano
suona un ritmo indiavolato,
su quell'unico tasto.

Sarà un vizio,
ma sbatte ancora fuori dalla porta,
l'inesausto cazzo.

E' il segno del raggiunto acme.

Come un'ondata la travolge l'orgasmo,
 scuotendola da dentro,
liberando in Lei ogni energia repressa.

So che non c'è tempo da perdere,
Lei smania, lo rivuole dentro.

E lo vuole furioso.
 
Pochi colpi, ma sbattuti al calor bianco.
Poi l'eruzione, che libera anche me,
in rantoli che mi squassano da capo a piedi.

Sul suo ventre proietto il mio succo d'uomo.
Lo imbianco.

Il tempo d'un bacio a fil di labbra.

Crolliamo esausti in un sonno immemore,
profondo.

***


 I protagonisti del racconto.