lunedì 27 giugno 2011

La spada se le canta - Vol. II

E' un bel po' che non scrivo qui da me. Sono piuttosto impegnato ultimamente e ho meno tempo da dedicare a questo, ma è pure la voglia... Appena posso preferisco fiondarmi direttamente al mare, distendere il mio asciugamano sulla sabbia bianca e godermi il sole cocente, per poi concedermi qualche tuffo in acque limpide e ancora piacevolmente fresche. A volte non desidero niente di meglio.


La stagione turistica è ormai iniziata e anche se le mie spiagge preferite continuano ad essere ancora piuttosto solitarie, non è più il caso di stare al mare con le palle al vento, come piace a me.
Dovrò aspettare settembre per la mia adorata abbronzatura integrale. A causa del "comune" senso decenza. Ma con voi non vale. Voi siete intimi...



Stamattina invece devo stare in casa. Poco male. Il risveglio è stato a cazzo duro e prepotente. E ho il mio bel da fare per tenerlo buono. Non che mi dispiaccia poi tanto. Così un po' scrivo le mie cazzate e molto mi masturbo. Ad altro non penso. Voglioso e indecente come una scimmia sono.

Eppure stanotte con Lei avevo goduto bene, prendendomi tutto, colmandola d'uccello inesausto in ogni sua generosa apertura. L'orgasmo l'ho colto mentre la inculavo (si dice proprio così, sa'), a fondo, sbattendola forte. Ah sì. E' proprio una cosa che mi fa impazzire questa. Chiavarmi a più non posso, senza pietà, il suo culo meraviglioso.




E ci prendo ancor più gusto quando, come ieri, sono un po' incazzato con la mia bella puttana. Ma non c'è da preoccuparsi, Lei ne gode, geme forte, si masturba fino a raggiungere l'orgasmo mentre le squasso il culo a mio piacimento.


***
Stamattina è andata via presto, a lavorare per cantieri, con la sua bella minigonna in jeans, poco più che inguinale. Le cosce bianche, tornite, sode, rilucevano al primo sole. Immagino gli sguardi degli operai, il piacere che ne avranno, i loro occhi che colano sperma. E ne godo. Nel frattempo mi masturbo come una scimmia indecente.

sabato 11 giugno 2011

Sammy

Il suo bambolo mi chiamava, a volte. Sammy. Amica fin dai banchi di scuola, la ritrovai nella città universitaria: avevo perso tempo e lei mi aiutò ad ambientarmi nella nuova realtà. Generosa e intelligente, con un forte senso morale. Pudica, non amava i discorsi sboccati, le volgarità gratuite. Era una gran chiacchierona e si poteva parlare di tutto, ma non di sesso. Trovava, credo, sconveniente, disdicevole, parlare di aspetti così privati e intimi. Non amava neppure le ambiguità e i doppi sensi.

Ma io da quel punto di vista non la pensavo proprio. La consideravo più come una sorella, o meglio come una cugina. Di sicuro c'era forte simpatia reciproca, con una sorta di tenerezza. E sostegno reciproco, ma assai più da parte sua.

Generosa lo era anche fisicamente, con grandi mammelle, che però preferiva celare agli sguardi rapaci degli uomini. Per il resto era abbastanza minuta, con una carnagione lattea, le efelidi rosse sul viso dai lineamenti fini e delicati.

Diventai molto amico del suo fidanzato e loro della mia prima ragazza. Il mio rapporto si chiuse prima e in modo sofferto, ma fui finalmente libero, anche di puttaneggiare finalmente. La definizione era dell'altra mia carissima Trilly, che tornai a tentare a quei tempi, assieme a molte altre. Mi gustai per quasi due anni libertà e varietà. D'altronde ero la persona giusta, nel posto giusto, al momento giusto. Perché non approfittarne, cazzo? Senza troppi sensi di colpa. Senza pensare troppo se l'amica del momento era sposata o fidanzata. Ognuno è libero di fare quello che gli va. Come cantava Tenco, mai troppo compianto.

Poco tempo dopo anche il rapporto di Sammy iniziò a vacillare, per poi andare definitivamente in crisi. Io non c'entravo, ero irreprensibile, anche se lui qualche volta si era ingelosito un po' per le attenzioni che Sammy mi rivolgeva. Quelle che io pensavo fossero le normali attenzioni di una cara amica, senza secondi fini. E magari fino ad allora lo erano pure. Mah. Valle a capire le donne...

Ricordo che una sera di luglio di ormai diversi anni fa mi chiamò al cellulare per dirmi che col fidanzato era finita. L'aveva lasciato. In quel momento ero in compagnia di Slim, uscivamo insieme da poco. Mi chiese della telefonata, e se ne mostrò stupita e anche un po' adombrata.

Era un periodo piuttosto convulso della mia vita sentimentale/sessuale quello. La stessa estate conobbi, il senso è quello biblico, anche Aspasia, dando finalmente sfogo ai suoi brucianti desideri. A quelli di sesso, ma non ancora a quelli d'amore e infine di detestabile possesso. Che eresia, come se si potesse possedere il vento di scirocco, quel demonio.

Sammy la rividi in autunno. E pure l'ormai ex fidanzato. Tentai, con ogni cautela di mediare fra loro, ma Sammy era irremovibile sulla decisione presa, da troppo tempo l'aveva maturata. Indietro non sarebbe tornata. Lui ne soffriva, ancora non se ne faceva una ragione. Nonostante le cautele mi trovai fra due fuochi. A risentirne furono i miei rapporti con lui, che andarono peggiorando, estinguendosi con l'andare del tempo. Due fratelli, tali eravamo stati, che non si riconoscevano più.

Sotto Natale tornai al paesello con la voglia di rivedere Slim e ci restai male quando lei si ritrasse. Fu una rinuncia la sua, e davvero non posso dimenticare la sorpresa bruciante e il dispiacere in quei meravigliosi occhi neri quando mi vide con Sammy. Era tornata pure lei e m'aveva invitato a bere una birra insieme. Che strana situazione si creò in quell'incrocio di sguardi. Uno dei cosiddetti casi della vita.

Da lì in poi si chiuse il sipario con Slim e mi si aprì il palcoscenico di Sammy.

Bevemmo due bei boccali di birra bionda e spumosa, chiacchierando dei fatti nostri, poi lei mi disse che si sentiva un po' brilla e che aveva bisogno di una boccata d'aria. Fuori dal locale si apriva la campagna buia, ma l'aria era mite, soffiava un vento tiepido e avvolgente, di scirocco.

Mi disse che le girava un po' la testa, che aveva bisogno di camminare un po'. Prendemmo la stradina bianca che sembrava perdersi nell'oscuro nulla, finché non sentimmo più le voci chiassose provenienti dalla birreria. Finché non fu silenzio totale, sussurrato appena dal vento malandrino.

Trovammo un muretto basso dove sederci. Senza parlare. Solo mi disse che si sentiva un pochino sbronza, mentre reclinava dolcemente il capo sulla mia spalla. Sentii finalmente che significava altro. Sapeste, io sono di un tardo, a volte, in queste cose...

Mi diedi una scossa: resto sempre lucido anche quando bevo fino a schiacciarmi, fa parte della mia diffidenza atavica e un poco titanica. E due litri di birra, se ho ben cenato, tutt'al più mi mettono un pizzico di allegria, mi sciolgono. In quel caso invece mi irrigidii, in ogni senso. A quei tempi mi ci voleva davvero poco. Ciò nonostante mi alzai in piedi, pensando: no, non si può, non si deve. Non con lei, non con Sammy. No e poi no. Mi pareva ancora la ragazzina che avevo conosciuto il primo giorno di scuola. Devo aver pensato addirittura che fosse una specie di incesto. Probabilmente pensai pure che sarebbe stato abbietto da parte mia approfittare della situazione.

Mi allontanai da lei con la scusa, impellente, della pipì. Attraversai un campo. Non c'era quasi luna quella notte. La luce la forniva il concerto silenzioso delle stelle. Arrivai in prossimità di un cespuglio basso, come se ce ne fosse bisogno. Meditabondo mi sbottonai i 501 e lo tirai fuori: era grosso. Sarà stata la birra. Solo a quel punto mi accorsi che lei era appena dietro di me. La mia pudica amica mi aveva seguito.

Mi chiese se poteva farmela fare lei, la pipì. Io mi imbarazzai un po', ma non potevo dire di no. Mi fece scrosciare con rara perizia, mi scrollò e, dopo essersi inginocchiata me lo prese in bocca. Forse non subito, ma la staccai. Portami al mare mi disse.

In macchina la guardai in piena luce, mi sembrò un'altra persona, una che non avevo mai conosciuto. Era vogliosa. Mi chiese se poteva accarezzarmi. Non dissi no, anzi, le risposi che poteva fare tutto ciò che voleva.

La sua voglia era smania. Il tragitto era breve e quando giungemmo alla pineta mi ritrovai completamente nudo. Non so come era riuscita a spogliarmi mentre guidavo. Fortuna non aver incontrato posti di blocco.

Rimanemmo nell'abitacolo, in sua completa balìa. Mi leccò tutto, iniziando dai piedi, senza tralasciare niente, neppure gli anfratti più nascosti. Si dimostrò una maestra assoluta della fellatio, per poi mi balzarmi sopra, soffocandomi con le sue grandi mammelle bianche e sode, che afferrai come fossero la salvezza.

Si impossessò completamente nel mio membro e mi cavalcò fino allo stremo, montandomi senza pietà. Ne godemmo entrambi, ansanti. Senz'altro pensiero che il reciproco piacere. Quella sera fui suo. Del resto della vicenda seguiterò a dirvi.

venerdì 3 giugno 2011

Sesso senza amore

Parrebbe, di questi tempi, compito arduo definire cosa sia amore.

Mi vengono in mente immagini di gatte che leccano con atavica voluttà i loro piccoli appena nati. Penso anche a mia madre, che piange ancora il fratello maggiore, dato per disperso nella campagna di Russia. E poi cos'è, se non un gesto estremo d'amore, quello di chi si getta tra le onde del mare per salvare un'altra persona in difficoltà, senza neppure conoscerla, mettendo a repentaglio la sua stessa vita? E poi, non è forse amore quello dello scrittore dei bassifondi, che scandaglia nella profondità della propria sofferenza per farne un fiore da offrire ai lettori?

Gli esempi possono essere tanti, ma occorre restringere il campo a quel sentimento imperioso che si crea, talvolta, tra uomini e donne. E che può essere più o meno condiviso.

Nell'adolescenza e nella prima giovinezza ho avuto una pessima educazione sentimentale, formata più sui libri che sull'esperienza diretta, alla quale spesso mi negavo per una sorta di "timidezza", e perché i miei ideali andavano a sbattere duramente il muso sull'impietoso muro della vita. Cercavo una donna sì, ma che fosse quella. Non sono poi troppo cambiato.

Il problema era che per le ragazze conosciute non era così facile confrontarsi con Beatrice, Laura, Fiammetta, Manon, Marguerite, Fanny Torgioni Tozzetti, Nastasya Filippovna... Nient'altro che modelli, da cui la realtà spesso rifugge. E a cui le donne malvolentieri si assoggettano, come Irma, che rifiutò, con sdegnato amore, il ruolo immortale di Clizia.

Il pericolo più grande in cui si incorre è l'idealizzazione, il rincorrere un'amorosa idea che è parto esclusivo della propria mente, un bisogno del cuore. Si dovrebbe rispettare invece la piena individualità dell'altra persona, amarla (o non amarla) per quello che è, non per quello che rappresenta.

Fortuna che non ho mai trovato niente di strano nel sesso fine a se stesso. Altrimenti sarei stato fresco. Il più delle volte accadeva che le donne non si accontentavano (il congiuntivo m'affatica) del puro desiderio sessuale, ma si innamoravano. Volevano quel "qualcosina" in più, che io non potevo o non sapevo dargli. Cos'era quel "qualcosina" in più: amore, possesso? Ma le due cose non dovrebbero essere antinomiche?

Ora basta, con quest'ultima domanda lascio, smetto di scribacchiare e mi masturberò un po': questo è stato davvero uno dei post più pornografici che ho scritto. Perciò niente foto porcelle, pazienza se non rientrerà nel novero dei post più letti o commentati.

martedì 31 maggio 2011

La spada se la gode


Ieri sera, nel dopo cena da Lei, disteso sul divano mi guardo beato, spaparanzato, la diretta da piazza del Duomo. L'entusiasmo in me si traduce in contentezza del cuore, della mente e pure del cazzo.

Sorrido e mentre guardo la piazza festante mi alliscio il bastone, accarezzando il pezzo di carne viva e dura sotto la tela morbida della tuta ginnica. Lei ha molto da farsi perdonare in questo periodo. Quale migliore occasione?

Incuriosita, vede la mia eccitazione che cresce, si inginocchia e bacia la mano che stringe il pacco, prende in bocca le dita e le sugge, tutte, una a una.

Poi scosta dolcemente la mia e infila la sua al di sotto della tuta, cavandone fuori, ben stretta, la preda catturata. Mi sembra un'incantatrice di serpenti. Se la guarda e gli da' un paio di scosse, giusto per saggiare il grado di eccitamento, strappandomi i primi gemiti. E' fiera del suo trofeo.

Fiera e... mi mancano le parole, perciò lascio dire all'immagine:


Inizia a succhiarlo, sempre più golosamente avida. Lascio fare, aspettando che salga sul palco il candidato migliore, anzi, il vincitore. Nel frattempo me la godo.

Però quando arriva il nuovo sindaco eletto della città un tempo da bere (but almost bitter for me), interrompe il magno gaudio e si riposiziona sulla poltroncina. Bene, ascoltiamo qualche minuto il gentiluomo, emozionato, ma deciso. Sperèm. L'uccello però mi tira troppo ormai, perciò mi alzo e glielo rimetto in bocca.

Lo lecca come fosse un delizioso gelato, dedicandosi alla cappella turgida, che succhia ingorda. Dal basso cerca i miei occhi mentre sbatacchia sulle labbra protese il mio sesso glorioso. Mostrandomi la lingua maliziosa, se lo passa più volte sul viso prima di infilarselo ancora in bocca. Tutto, quanto ce n'è, fino alla palle, fino in gola. L'assecondo, con parole (succhia troia, succhia, amore mio...) e azioni: prendendola per i capelli, spingo la sua testa tra le mie cosce frementi, la tengo ferma e le scopo la bocca con forza. Fino a farle perdere il respiro.

Una boccata d'aria basta, poi ricomincia a farsi chiavare la bocca, accarezzandomi il culo, spingendolo a sè per imprimere il ritmo voluto alla pompa. Mentre si ingozza, dietro di me fa scivolare un dito, carezzevole e deciso, lungo tutto il solco.

Stenditi ancora, mi dice, spogliandomi completamente. Ho una richiesta, le dico, voglio che mi lecchi le palle, sono durissime, piene... sai che mi fa impazzire, quasi come quando...

Ti lecco il culo? Sì, rispondo, in un gemito di piacere al solo pensiero.

Mi apre le gambe: succhia, lecca, bacia dappertutto. Quando mi fa voltare e sento la sua lingua guizzare dentro di me, la sua lingua che mi scopa, inizio a non voler capire più nulla. Con gli occhi chiusi mi godo il paradiso in terra, abbandonandomi.

Dopo avermi così bagnato con la sua bocca, Lei non si accontenta, forse ho anch'io qualcosa da farmi perdonare: lentamente mi penetra con un dito, affondandolo tutto. Succhiandomi l'uccello, altrettanto impietosamente mi sbatte. Le godo in gola, incollato al suo dito che mi impala, fin quasi a soffocarla col mio seme.

Poi, più tardi, sul lettone, verrà il suo turno. Come da foto. Ah, che bella foto...


domenica 29 maggio 2011

Spada filosofica... e cialtrona



Sedendo e mirando vecchie foto
resto alquanto perplesso,
e mi sovviene il significato massimo della vita:
sfangarsela, uscirne indenni.




Oggi mi sento così


Ma ora mi riprendo, faccio una bella doccia,
lavo i piatti sporchi della mia cena solitaria di ieri sera
(pennette con salsiccia e funghi, abbondante tris di formaggi grattati),
non mi faccio nessuna sega,
mi vesto invece,
nutro il mio estenuante cane,
risistemo un po' di cose in casa e in giardino
e finalmente
porto la mia bella
al mare.
Sarà destino?




***

Colonna sonora:
Gelati, Skiantos, 1979(versio Roberto "Freak" Antoni) - www.youtube.com/watch?v=y-PfGBC4u9M
(versio Skiantos) - www.youtube.com/watch?v=PlubR4E-FOo&feature=related
Io sono uno skianto, Skiantos, 1978
- www.youtube.com/watch?v=fnkZBwFyuAY

Morire per delle idee, F. De Andrè/Brassens, 1974
- www.youtube.com/watch?v=gwFnbQM4Dts

Onda su onda, P. Conte, 1989
(versio con L. Dalla) - www.youtube.com/watch?v=EjrnWY-bWk4

sabato 28 maggio 2011

Quando sono nato


E la luna che sembrava una patata.

(Marianna al bivio, F. De Gregori, 1973)



Quando sono nato i vapori s'alzavano nell'ombra.

Le mie pupille arrossate vedevano giganti
ammassare pietra su pietra, immani monoliti:
i miei maggiori volevano issarsi fino al cielo.

Stirpe maledetta, nella desolazione furono atterrati,
il dio non permise che si infrangesse il mite velo.
Quel dio che imprigionò suo padre,
ma per lo meno non mandò a morire suo figlio.

Era quello il centro di un mondo ancora barbaro,
giovane e forte:
possedevano arte, potenza, gloria, pure un briciolo di sapienza.

Temuti in mezzo mondo, leggendari,
mito primigenio d'Occidente,
ridevano dei tormenti che gli venivano inflitti,
e di quelli, altrettanti atroci, che infliggevano.

Ma sapevano anche godersela.

Nella sconfitta seminarono il veleno
del nuovo Dio, copulando con donne cananee e filistee
dai lunghi e meravigliosi occhi neri.

Ma anche le egizie, le ittite, le danaidi
e tutte quelle ninfette di Troia non erano affatto male.

Ah, bei tempi. Certo si menavan le mani,
si spaccava la testa ai nemici a mascellate d'asino,
ma si estraeva anche miele colante dalle carcasse di leone.

Li perdette, a quanto si tramanda, la tracotanza.

Furono dispersi, ma serbammo in eredità
l'atavica terra meravigliosa,
restammo piccola nazione:
è già tanto aver resistito alla Storia.

Tra poco li rivedrò i giganti, miei maggiori,
su questa terra e con i miei occhi di titano.


***

Sguardo, o meglio scruto e sbircio
un culo di nero velato, sontuoso, perfetto, assoluto.

Pur essendo gaggio,
di sguincio rilancio indovinelli a scadenza,
promuovo epiche supercazzole,
metto le dita sul fuococomefosseantani.

Per come mi hai trattato,
non basta che mi dici sì,
ti devi innamorare.

Ah, la vanità maschile...

***

A proposito di supercazzole, penso ancora spesso a Francesco,
alle sue canzoni dylaniate, al suo mondo in-cantato di simboli,
a come interpretare mani di giunco e lune che sembrano patate.

Quattro porte quattro verità,
e ognuna sorrideva...

Però sono invece giorni che non mi tolgo dalla testa Antonello,
suo vecchio sodale, poi si mormorò nemico,
e ora di nuovo amico.

Quella sua infingarda, bellissima Ricordati di me.

Antonello il socialista, Francesco sempre più a sinistra.

Il primo, forse troppo sommerso, non me lo tolgo più dalla testa
in questi giorni, anche quando, accecato dal sole giaguaro,
mi tuffo nell'acqua fresca, dov'è più chiara.

E mi scivola via ogni cosa.



***


Ma veniamo finalmente alla mia pornografica, prosastica vita. Ieri s'è trombato. Di questi tempi è una piccola notizia, visto che con Lei ultimamente s'era in burrasca. Nel frattempo io ne ho approfittato per darmi con buona lena a piaceri solitari. In buona sostanza: mi sono fatto un bel po' di pippe in sti giorni. Proficue, desiderate, appaganti. Certo con l'età che c'ho, andare in giro con ste occhiaie...

Ieri si è fatto pace nei dovuti modi. E quando Lei ha raggiunto il piacere squassante, si è issata, ancora vibrante, sul mio palo eretto. (L'asso di bastoni, tanto per intenderci). Sapevo cosa voleva: una danza dissennata e potente. Un ritmo diavolo, senza soluzione di continuità, che le amplificasse l'estasi del più atroce fra i piaceri. Escluso forse quello del trapasso, ma chi può dirlo. Neppure i Titani giunsero a tale grado di conoscenza, se non con l'incubazione.

Sbam, sbam, sbam, sbam. Lei gode inesausta, geme forte. Sbam, sbam, sbam. Non resisto. Non resisto più. Non voglio più resistere. Sbam, sbam. Rapida deve saltare fuori la minchia, grondante umori, infuocata, in fuga per la vittoria. Sprizza la sua gioia furente, che si irradia sul culo e la schiena di Lei, cola a rivoli sulle mie cosce. Finché entrambi possiamo scioglierci, abbandonarci.


***

E' stata una bella giornata, a tratti pure serena. Nel pomeriggio avevo fatto finalmente un bagno in mare di quelli strepitosi. Non un semplice tuffo o due come l'ultima volta. Ogni tanto fa bene schiodare il culo dalla sedia e il grugno dal pc. Gran caldo, aria bollente, la sabbia bruciava sotto i piedi scalzi. L'acqua, com'è detto, una delizia. Per qualche istante eterno ha cancellato tutto, anche Ricordati di me. Ho sguazzato per un po', poi mi sono guardato attorno, ho sorriso e ho aperto le braccia al paradiso. Così mi è venuto in mente questa specie di indovinello.


***

Invece il libro che sto leggendo ora non mi convince troppo, quest'ultimo Adelphi mi farà impazzire, era molto meglio Simenon.

***

Niente foto sporcaccione oggi, c'amm'a fa'. Anche la spada riposa. Rimedierò presto. Magari con una nuova edizione dell'Indovinapisello.




venerdì 27 maggio 2011

Parole chiave

Pure io, che ho allestito questo blog in maniera scabra, ogni tanto tengo d'occhio le "Statistiche". Scagli la prima pietra su di me chi non lo fa. Sono vane curiosità da blogger quelle mi portano a dare un'occhiata al modo in cui le persone accedono alla mia atroce e nefanda e pornografica Suburra. Accedono attraverso le parole chiave: lo fanno i depravati e gli ignari del momento, e lo fa chi vuole sbirciare senza farsi sgamare. Capita che quelle più casuali mi lasciano a volte attonito, altre volte mi fanno un po' ridere. Quest'oggi, passati dieci mesi dal primo postaccio che ho postato, voglio fornire classifiche aggiornate. Senza commenti, sperando di non inibire chicchessia. Un caso a parte è quello di chi ricerca cose illegali e ripugnanti, quell'unica voce viene censurata. Non troverà certo un rimando e neppure un eco sul mio blog.


***

Quella di oggi:

5......... la spada che canta blogspot
2..........figa d'oro
2..........la spada che canta
1..........caldane come difendersi
1..........la figa che gode
1..........nudisti al mare
1..........pene fino all'ombellico
1..........porno che gambe belle e piedi coloro di rosso
1..........sorca bollente

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Quella della settimana:

14........la spada che canta
9..........la spada che canta blogspot
6..........laspadachecanta
2..........cazzi in bocca
2..........figa d'oro
2..........la spada che canta blog
2..........laspadache canta
1..........benigno zaccagnini giovanni xxiii
1..........carlo con il cazzo lungo


***

Quella del mese:

66.......la spada che canta blogspot
35.......la spada che canta
10.......la spada che canta blog
8.........laspadachecanta
3.........il miglior cane e`quello che fa leccare la figa per bene
3.........nudisti
3.........paesaggi metafisici
2.........cazzi in bocca
2.........figa d'oro
2.........guardoni blog

***

Quella di sempre:

198....la spada che canta blogspot
66......la spada che canta
20......laspadachecanta
12......la spada che canta blog
9........la spada che canta 2011
5........(censura)
4........donne porche
4........figa
4........laspadachecanta.blogspot.com
4........suburra "chiara di notte"



mercoledì 18 maggio 2011

Le voglie

Le voglie bisogna fomentarle: stanotte ho dato una bella lucidata alla spada. Eppoi, non contento, un'altra ancora, immediatamente dopo. E' un piacere un po' egoistico, lo so. Una mano, una mente, un cazzo: non mi occorreva altro. Lei d'altronde in questi ultimi giorni mi appare un po' svogliata, anche se poi non ci vuole molto ad accenderla. Così, stanotte, ognuno a casa sua, di comune accordo. Ed io, ben contento, di necessità ho fatto virtù.

Pensavo di risvegliarmi, come dire, più rilassato, appagato. E, invece, come apro gli occhi me lo ritrovo in mano, in piena e dolorosa forma. Quell'energumeno. Inappagato, mi guarda dritto con quel suo unico occhio che non chiude mai. Mi costringe a dare libero sfogo ai miei sensi, alle mie fantasia masturbatorie.

Su di Lei, che oggi è fuori per lavoro. Già immagino come se la guarderanno gli operai, col cazzo duro chiuso nella tuta blu e gli occhi che colano sperma. Se per un incantamento ogni fantasia potesse divenire realtà, sono convinto che mi tornerebbe a casa piuttosto malconcia. I colori di Lei sono il bianco e il rosso. Bianco per il suo sapiente candore, quella malintesa ingenuità che poche donne, belle e sensuali, hanno. Unita al rosso dell'eccitazione le dona i poteri di Circe: le piace variare, ma più di tutto l'uomo lo vuole porco. Vuole che se la prenda.



Non la trovate deliziosa? Parlerò per metonimia, allora. E' una figa allegra, meglio se spensierata. Bella come un fiore appena sbocciato, inumidito di rugiada. (Un fiore carnivoro, mangiacazzi). E' evoluta, indipendente, sa quello che vuole. Adoro la sua voracità. Non posso proprio, dal canto mio, biasimarla. Anzi ne godo e la esalto.



Immagino si allontani dal cantiere, verso i campi, per far pipì tra l'erba alta. E che venga seguita da un operaio che ne abbia indovinato l'intima natura. Immagino Lei accovacciata, coi jeans abbassati, la figa gonfia e indifesa. E l'uomo in tuta blu, che l'ha seguita a distanza, portarsi a pochi metri da Lei e mettersi a pisciare, col membro turgido, davanti a suoi occhi. Immagino il loro sguardo e mi chiedo, col cazzo duro in mano, cosa potrebbe succedere.

Ma lasciamo stare le fantasie. Negli scorsi giorni ho sentito Lys e Trilly. A distanza, però mi piace stare vicino alle mie amiche del... cuore. Lys ha una nuova storia, nella quale si è gettata a capofitto, da par suo. Non cambierà mai? Intanto mi dà a intendere: se però tu mi fai un fischio... Sei tu l'uomo della mia vita, mi dice. Mamma che paura, nonostante tutto è ancora pronta a fagocitarmi. Però una cosa la sa, Lys. Sa che mentre mi parla a me cresce la voglia e il cazzo mi scoppia nei pantaloni della tuta. Provoca: sai che sono sempre liscia dappertutto, come una pesca succosa?



Trilly è di tutt'altra pasta. Ma pure Lei provoca. Propone di mollare i rispettivi e di andarcene a vivere insieme in un pais tropicao. Con patti chiari: ognuno poi scopa con chi lo desidera. Siamo lontani, è vero, io e Trilly, ma tra noi nulla pare essere cambiato. E io vorrei torturare dolcemente i suoi capezzoli rosa.



Ora basta però, non mi voglio scaricare e la mano inizia a indolenzirsi. Me ne vado al mare, con un bel libro iniziato pochi giorni fa, inaugurato per il primo bagno. Già che ci sono posto anche le foto che mi sono fatto disteso sulla sabbia, con le palle al vento e in solitaria.


Un libro che si preannuncia assai gustoso. Opera di un autore che fino a non molto tempo fa veniva definito di genere. Ma la letteratura, quando è alta e sincera, malsopporta limiti e costrizioni di campo.



martedì 17 maggio 2011

Palle

Mi girano le palle oggi, dovrei andarmene in spiaggia. Con sotto braccio il giornale "nazionale" che oggi ho deciso di comprare. Di sicuro un po' di buon umore dovrebbe tornarmi. Mi pare si sia fatto un bel passo in avanti verso il redde rationem. Sarà per causa di uno strano allineamento di pianeti, per effetto di particolari influenze astrali, ma dopo lo "zio" della Rubacuori e il Michael Jackson della Tripolitania sembra in caduta libera pure l'innominabile rais d'Italia. Milano si è riscoperta capitale morale e ha dato una risposta ben precisa, al di là di come poi vadano a finire le cose. Dopo quella di Bin Laden vorrei vedere la fine di Bin Lader.

Non ho comprato il giornale "locale", invece. Anche nel piccolo paese "abbiamo" vinto, ma non esulto e mi rattristo. Anzi mi girano le palle. Dovete sapere che nel piccolo paese a trionfare è stata la mia parte politica di riferimento, che però purtroppo adopera gli stessi metodi clientelari della parte avversa. Bella roba: dovrei essere contento di questo gran successo? Andrebbe fatta pulizia anche in casa nostra. E farla finita con le faide e i potentati interni.

Ho scopato stamattina, eppure le palle mi vorticano lo stesso. Avrei forse voglia di un forte vento di passione, di un turbine di sesso folle, di risate, sospiri e graffi. La scopatina ha attutito le mie voglie, mi ha scaricato. Ma forse il problema è sempre quello: la mia atroce insofferenza.

Infine ho incontrato il botolaccio che un tempo si inculava la mia Lei. Non mi fa piacere averci a che fare, ma in questo periodo lo devo fare per necessità. E questo contribuisce al giramento delle mie palle tonde e pelose.

...

Si aggiunge buon'ultima la telefonata d'un cliente: ho un appuntamento imprevisto, per cui niente mare, almeno fino alle 16. Ma che due palle. E non ho neppure voglia di lucidare la spada. Ed è tutto dire.

mercoledì 11 maggio 2011

La spada che gode

Me la sono goduta stanotte. Se l'è cercata.
La cena non è che fosse così raffinata,
ma la salsiccia era di qualità nostrana,
l'insalata di campo.

Così Lei stanotte non ha avuto scampo.
L'ho presa come Lei desidera, come una puttana.
Dovevo tenere conto del fatto che era pure stanca,
poveretta, tutto il giorno a faticare.

A me non era restato, sempre con piacere, che dovermi allenare:
il tempo, la voglia e soprattutto la fantasia non mi mancano.
L'ho fatto però senza esagerare, serbando per l'amore mio tutto il seme.

La porto a letto che è tardi, stanotte nessuna Sherazade,
parla poco anche la spada, ma in compenso canta, gode e fa godere.

Ma prima sono le labbra morse e il vortice di lingue voraci e appassionate,
e la mia bocca sul suo seno, le dita a strizzare i capezzoli turgidi.

Con Lei devo essere un dolce, ma severo padrone,
per noi, spalancami bene le cosce, troia,
sublima ogni nostro atto di carne, sigilla il nostro coito animale.

Io cagna in calore, tu porco.

Assecondo queste sue sporche parole.

Inumidisco con la lingua i miei polpastrelli:
la prima carezza osata, sul fiore, ha da essere soave e delicata,
scivolosa e lieve. Lei non deve fare altro che lasciarsi andare,
sciogliere le membra, lasciare che ogni pensiero vada per la sua strada.

Io tengo a bada la spada, ché ho il cazzo duro e insistente,
ma stanotte deve aspettare.
Chiudi gli occhi amore mio, non pensare a niente.

Ogni carezza si fa di volta in volta più impudente e bagnata.
Il clitoride osceno come il cazzo, è fuori, dritto, eccitato.
So che non ama se non qualche lieve tocco diretto,
preferisce essere preso di lato.

Ma la mia mano è una quinta colonna, fa il doppio gioco,
lavora pure per la mia solenne e ieratica nerchia.
Lo so, può apparire una definizione bizzarra, soperchia,
ma tale è, in certi frangenti, nei suoi intimi tratti, l'atroce spada.

La mia lingua schiude ancora la sua bocca,
le mie dita si lavorano la figa, vada come vada.

Il fiore è ora aperto, lussureggiante di umori tropicali,
nel calice vorace insinuo a fondo,
lietamente godendo ogni istante, due lunghe dita.

Subito escono, deve desiderarlo, bramarlo, d'essere chiavata.
La figa di Lei, dovete sapere, è una vera peste.
Prima di tutto adora essere venerata, adulata,
sa di essere la figa di Gemma, ma pure di Beatrice.

La figa di una troia, aperta come un cagna, vacca da monta,
dico a Lei, che geme, mugola, gode.

Immagino, sbagliando, voglia ora andare al sodo,
che salga in cattedra il primo della classe, Franti.
Ma ho anche voglia di mangiarmelo quel fiore tropicale,
e di leccarle il culo, un vero capolavoro.

Ho voluto così santificarmi col suo nettare,
abbeverarmi alla sorgente di vita,
leccare fino a sfinirla, come fossi il suo cane,
quell'oscena, slabbrata ferita.

Alterno, per la femminilità che c'è in me,
lunghe leccate alla figa e al culo divino,
a pompini che pratico ai suoi bianchi, piccolo piedi,
mi delizio a ciucciarle l'alluce, mentre la mia mano
ha preso il posto della bocca e presidia la fonte.

Con Lei che gode mi sento come il visconte,
in una sordida tresca d'amorosi sensi.
A cosa pensi, le chiedo, sentendo l'intensità del suo piacere.

A quanto mi fai godere, baciamela, mangiamela.
La mangi senza consumarla mai la mela del peccato.
Lei afferra i miei capelli, mi spinge la testa, mi lascia senza fiato.
Detta il ritmo, con la mia bocca fa festa,
spinge a fondo, dove più le brucia, la mia testa bacata.

Gaudente, non arretra davanti a niente,
ora vuole la mia lingua sul clitoride, ora la preferisce più sotto,
ad aprirle quelle grandi ali rosse di farfalla,
così che il mio nasone possa masturbarle il suo cazzetto.

La lecco a fondo, mi bagno, dei suoi umori e sapori,
il viso stanotte imberbe.
Poi mi stufo, il cazzo mi tira troppo, ora tocca a lui.

Ora basta. Mi ergo e le spalanco le gambe tenendola per le caviglie.
Il terrore nei suoi occhi.
Possibile che dopo tutto questo tempo ancora non si fidi?

Ma quando calo squarcio una porta spalancata, con i cardini ben oliati.
Tutto entro, fino in fondo, ma naturalmente slouli slouli.
Lei mi accoglie con un sospiro che presto si fa gemito animale,
le dita premono, artigliano le mie capaci spalle,
io sgomento e curioso, come sempre mi accorgo che di spazio ce n'è ancora.

Così la chiavo, o si dice scopare?
E' la sua posizione preferita, che stranezza,
ma ogni donna credo ne abbia una.
Il missionario, si dice, ma il mio ha una missione speciale,
quella di fornicare, di chiavare, implacabile, quella pazza figa.

Presto, quando sento che me lo posso permettere,
tutto il peso del mio corpo lo scarico sul mio beato,
incazzato uccello, che entra ed esce con colpi potenti,
continui, sempre più ravvicinati.

Quando poi la sollevo e la prendo per i fianchi
raggiunge l'estasi di Santa Teresa
e gli occhi le si fanno bianchi.

Il fuoco acceso rischia di bruciarmi. Estraggo la spada rovente. Cola.
Infilo due, tre dita, ora se le gode tutte, ma è il cazzo che vuole. Il mio.

La faccio voltare, voglio godermi la visione del paradisiaco suo culo.
Impossibile non correre a baciarlo, saggiarlo con la punta d'un dito,
ma la vacca è pronta per la monta, sgocciola e freme,
vuole che la sbatta come un toro, più nulla teme.

Le do la giusta razione, e se io rallento, Lei non perde un colpo,
s'impadronisce della cadenza. Allora mi arresto,
tenendoglielo ben fisso dentro, lascio che sia Lei a dimenarsi
come e quanto vuole.

Troppo mi eccita questo, farmi fare un pompino con la figa bollente.
Cambio posizione, inizio a mostrare segni di cedimento.
Mi adagio su un fianco, le alzo un gamba, la penetro a forbice,
così posso baciarla e scoparla insieme.

Lei però varia subito la danza, sempre su un fianco,
ma ora mi dà le spalle.
Significa: voglio che continui a sbattermi. Forte.

Sei una puttana le dico, affamata di cazzo,
le tiro i capelli, le infilo un dito tra i denti affilati,
le mordo assetato il collo, la sbatto alla morte.

La sento mugolare di piacere, con la mano infilata tra le cosce strette,
sento la porca godersi pienamente e con gusto la sua sorca,
che vibra alla sua musica e rimbomba a ogni colpo del mio pestello.

Tenendola per i capelli, le dico: a cosa stai pensando adesso, puttana?
Lei geme e io incalzo: al viaggio che ti vuoi fare tutta sola,
prenderai il cazzo di qualche francese, eh troia?

E' sul punto di venire, Lei, manca poco.
Tra i gemiti di piacere profondissimo mi risponde:
sì, un bel francese, perché no... e magari più d'uno, che dici?

Dico che sei una gran porca, vogliosa di cazzo, di essere riempita
e sbattuta. Mentre lo dico mi masturbo e guardo Lei,
seguo i movimenti sempre più frenetici delle sue dita,
le membra candide irrigidirsi, i nervi tendersi
per la deflagrazione orgasmica, delirio e vita.

Solo ora mi richiama: presto presto, dentro, ti voglio dentro.
Entro e sbatto ancora, stavolta allo spasimo e senza remore.

In poco tempo vengo, con incontrollabili, squassanti, copiosi spruzzi
di umanissima fontana.


***


Apparato iconografico pornografico:


Una delle infinite scene di vita sessuale
presenti nei templi di Khajuraho, India,
fotografata al tramonto. Ricordo.


lunedì 9 maggio 2011

Sono le 5.24



Sono le 5.07. Stanotte non avevo voglia di stare con Lei. Come si suol dire: avevo mal di testa. Direte: ma non avevi di meglio da fare?




Non so, voi che dite? Però ora si sono fatte le 5.17 e io ho anche voglia di masturbarmi un po'. So che è un dato poco interessante. Comunque...



Buonanotte.

Colonna sonora: youporn - strap-on. Oh yeahhhhhhhhhhhh. Ore 5.24.

sabato 7 maggio 2011

In viaggio - vol. IV (con Oniricus)

Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l'unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
(Le Passanti, De Andrè/Pol, 1976)



Cos'è il viaggio se non uno straniamento? Io sono per viaggiare leggero, per partire leggero. Il tempo poi, e le occasioni e le esperienze colmano il mio bagaglio come fosse un bastimento. Riporto a casa, dopo il mio giro inquieto, fugaci impressioni, indelebili espressioni d'istanti eterni, scaglie di luce e poi ancora, il rumore del mare, dentro una conchiglia. L'istinto a volte è pura poesia.

Quando, anziché andare per strada a buttare giù con un ceffone il cappello della gente (ohi, ohi, quanto mi trattengo, come sono "educato"), come il mio buon demone Ismaele prendo i piedi, saluto e vado. Dal primo istante sento una nuova linfa che scorre in me. Che mi nutre.

Mi sento leggero e, forse anche per questo, più vivo. Intendiamoci, la Natura o chi per lei, non è stata troppo malevola con me. Se può apparire vanteria, così sia. Constato semplicemente che mi è stata data in buona misura la facoltà di aprire gli occhi, occhi belli, alle meraviglie del mondo. Il carattere di merda, quello no, è tutta colpa mia. Dell'atroce spada.

In dono ho avuto la passione del viaggio. Quando me la sono negata, e l'ho anche fatto, sono come appassito. Ma nell'eterno mutare vi sono tratti indelebili, come per me la necessità di viaggiare.

Parto leggero, lascio a casa il sé sociale (di per sé marcatamente asociale) e tengo per me il mio essere speciale. Forze centrifughe e centripete agiscono in me. Ma mo' basta con le sciocchezze: il demone Ismaele scalpita e ora vuole narrare. Fottendosene del solleone, della spiaggia e pure del mare.


***


17 anni.

Non c'è bisogno di andare tanto lontano per cambiare dimensione e proporzione delle cose. Mi è stato fatto notare. E' vero. A volta sì, bastano un paio di birre e una serata in discoteca. Con la professoressa d'italiano, che viene da fuori. E fuori è fidanzata con un bell'omaccione, il doppio di me. Alto come una colonna, forzuto e bello. E' giovane la la professoressa, non troppo carina, ma sexy nelle movenze e nell'animo. Io la faccio ridere. Ma per due volte l'ho fatta anche piangere. Mi diceva che le ricordavo un suo vecchio compagnetto di scuola, che era così carino, così simpatico... In un compito mi aveva dato un doppio voto, piuttosto assurdo, non so come l'ha poi giustificato sul registro: 2 per l'irriverenza, 10 per tutto il resto. Perché, giustamente, nel mio tema aveva colto degli impliciti riferimenti a se stessa.

Era una scuola speciale la mia, capitava che professori e alunni si incontrassero anche al di fuori delle aule scolastiche. Così, al termine della serata in discoteca, lei aveva voluto riaccompagnarmi, fregandose di quello che avrebbero potuto pensare il collega d'altra materia e gli altri compagni miei.

Salimmo sulla sua macchinina, la più stretta al mondo. Immaginate voi quale. tenendo presente che sono spada d'epoca.

Le notti nostre, specie d'inverno, sono silenti. E profumate d'ogni essenza. E' terra languida, infine, la mia. Terra matriarca di donne forti, selvagge, sensuali.


Lei, la professoressa, indossa il suo pezzo forte, la minigonna di jeans. Mi parla, dolce, sorride mentre guida. Io sono rilassato. Mi sento bene. Ho 17 anni e sono un torello. A metà strada, nella campagna buia profumata, si ferma e mi dice: vuoi provare a guidare tu?

Ho davanti a me un lungo rettilineo ben conosciuto, che si perde nell'immensa, per dirla con Carlotto, oscurità della notte. Che bel gioco guidare la vetturina della professoressa d'italiano, con lei, mezzo brilla, al mio fianco. Ci scambiamo di posto. Mi spiega. Devi mettere la prima. Così. E poggia la mano sulla mia, che stringe il pomello delle marce. Ecco, la frizione, col piede sinistro. Poi, piano piano, falla entrare piano. Bravo, vai adesso con la seconda, allo stesso modo. E ora in terza. Bravissimo.

Un gioco da ragazzi. Tutto andava a meraviglia. Me la cavavo bene. Anche se era un rettilineo solitario, senza fari d'altre vetture, neppure lontani. Il mondo intero attorno a noi dormiva tutto e noi chiacchieravamo come... Amici?

Lei mi accarezza la coscia mentre parliamo e ridiamo. Continuo a guidare imperturbabile, ma sento che là sotto d'improvviso è cambiato tutto. Non scherziamo: a quell'età lì l'erezione è un affare serio. Incontrollabile, gonfia i miei 501 consunti (non me li levavo mai, neppure quando vado a letto). Lei mi accarezza dolce, arriva con la punta delle unghie a saggiare la mia consistenza. Non oltre.

Io mi disoriento un po'. Le cose da fare mi sembrano troppe. C'è una piccola curva, scalo la marcia, ma sono una pippa e ne scalo due. Ritento la seconda, ma la frizione stride.

Lei dice: aspetta, non ti preoccupare, faccio io.

Davanti ora ci sono i tornanti prima del paesello dormiente, lei si impegna alla guida. Arriviamo a casa sua, dov'è parcheggiata la mia vespetta. Vive sola. Mi invita sorridente a salire.

Il finale, perdonerete, non mi fa onore. Declinai con una battuta, e me ne andai tutto beato. Come un coglione.


***



Le cose, con Oniricus, sarebbero andate in maniera diversa. E pure col senno del poi. Quale miglior modo di perdere la verginità e darsi al piacere, e con piacere? Con Oniricus il viaggio deborda nel sogno, in quella fumosa materia si fa carne e attesta. Ciò che doveva essere e non è stato. Come viene di seguito mostrato.

























Colonna sonora:
www.youtube.com/watch?v=XFT29VuKLkw
www.youtube.com/watch?v=H_9aS1hd__g&feature=related

martedì 3 maggio 2011

Spada's compilescion

Immagini del mio scabroso membro richiede Fabrax, per alleviare la malinconia. Ed io non posso che accontentarla con una bella compilescion. A tuo uso e consumo, Fabrax. E di chi ne trae piacere e giovamento. Mi pareva brutto farne omaggio privato, il notaio dell'Indovinapisello me ne ha sconsigliato. Tuttora ferma a 0 tituli, Fabrax ne avrebbe avuto un vantaggio sproporzionato nella prossima competizione.

Così oggi ho deciso di sbandierare ben bene il mio stendardo nella sede più opportuna. Cioè qui.



Non che mi ci voglia poi molto a tirarlo fuori dagli slip. (Ebbene sì, slip come intimo, boxer per il mare). Questa me la fece Ivette, in una delle sue ultime visite in cui sguainai per lei la nuda spada.



Un po' brutale, è vero. E prepotente. Ed egoista. Con le palle sotto, congiunte per l'amplesso che mi stavo apparecchiando. A lei dicevo ti voglio bene, ma non ti amo. Egoista, verissimo, ma più tardi avrei pagato dazio.

Mi piace sentirlo inturgidire, che mi tira... Godo a usarlo, a lasciare che con lui ci si sbizzarisca. Che lo si lecchi, lo si succhi, lo si monti, ciò mi fa godere. E se invece prende lui l'iniziativa, che faccia pure quel che è in sua natura e si dedichi con somma soddisfazione a bocche, fighe, culi da esaudire.

Al mare mi piace metterlo in libertà, se si può, lontano da occhi indiscreti. Mi piace stare con le palle all'aria e l'uccello al vento. Nell'acqua poi, elemento femminile per eccellenza, come la madre Terra, ci si bea e ci sguazza.



Eccolo qui che spunta, pare timido, forse perché in presenza della mia atroce ombra, che mi fa più muscolare di quel che in realtà sono.



Ma poi si fa coraggio. Olivastro come me, non teme il sole. E neppure l'acqua. Poi, come detto, quando si tratta di godere non si tira indietro. E quando se ne sta in secondo piano è solo per ammirare lo spettacolo della Natura.


Di sicuro gli piace essere protagonista, mostrarsi con voluttà. E io godo a prepararlo senza alcuna fretta al piacere estremo. Soprattutto quando so che sarà in buone mani, in una bocca vogliosa e sapiente, in una figa sempre pronta, in un culo che è una delizia. Con me, nelle immagini, è ancora Lys.


E quanto ci gode ad essere preso in bocca. Forse è lì che giunge al massimo del fulgore. Il pompino non è mai solo un mero fatto meccanico. E' ricco di significati. Forse proprio in quest'arte si vede la Donna.

Lys va sicuramente omaggiata a questo proposito. Per la curiosa malizia con cui andava a frugare tra le mie mutande, per la padronanza con cui lo stringeva e lo allisciava prima di metterselo, con dolcezza, tra le sue labbra, per l'assoluta dedizione con cui mi succhiava, facendomi godere come un porco.


Dalla bocca alla figa calda e colante spesso il passaggio è lungo. A me piace assai prolungare il godimento. Ma poi, quando devo, quando non resisto, o quando è lei a non resistere, mi piace tuffarlo in quel sacro pozzo, tempio di carne alla Dea Madre. Che io sia toro, dunque, come narrano miti e leggende. Alla figa, più o meno intellettuale, non so proprio resistere.

Mi ci tuffo.


Mi piace montare. Ma anche cavalcare e farmi cavalcare, chiavare a fondo, sbattere e fottere senza pietà, senza assoluzione. Anche scopare dolcemente, come se il Tempo non esista. Senza pensare a niente che non sia la carne e l'anima. Senza pensare al domani, ma neanche all'attimo dopo.


Una rosa di sperma candido sulla pelle ancora fremente della femmina è il suo ringraziamento. Ma non è un egoista del cazzo, anzi si eccita solamente se anche la donna gode. Se non è una pantomima. Meglio una sega.

Come quella che mi faccio in diretta mentro scrivo, guardo e carico le foto. Tutte del mio cazzo. Che ora mostro, dopo il culmine estatico, mentre si prepara al giusto riposo del santo, e del guerriero.

domenica 24 aprile 2011

Anche a Pasqua - Lys

Anche a Pasqua il mio risveglio è a cazzo duro. Che brutte abitudini che ho. Pensieri malsani, voglie inappagate. Al mio fianco infatti non c'è nessuno, meglio così. Fosse per la mia misantropia, me ne starei per fatti miei. Io, a cazzo duro. E invece no, tocca sbattersi: i parenti, gli auguri e il pranzo di Pasqua. E pure la fidanzata, che di questi tempi preferirei lasciarla cuocere nel suo brodo. Due coglioni. Quasi mi si smoscia.

Così resto qua, senza lasciar filtrare la luce del giorno. Mi masturbo. Con la memoria tradisco. Sono uomo filologico, ma più di tutto scimmia devota a Priapo. Soppeso le palle: sono unite, tese, dure. Ma ovviamente l'attenzione maggiore la dedico a quel tirannosauro che mi ritrovo tra le gambe da quando sono nato. Viziato e vizioso è il mio cazzo. Puttano e prepotente.





Scelgo Lys per allisciarmi l'uccello con voluttà. Lys l'ho conosciuta in maniera insieme reale e virtuale. Vista la distanza il primo sesso con lei è stato attraverso le nostre rispettive web cam. Subito ci siamo dati con gaudente generosità. Un gustoso antipasto di quello che poi verrà a tu per tu. Abbiamo giocato con le nostre voglie.

La sua bocca, ormai la conoscete. E già sapete.



Ha occhi da gatta Lys, che tengo per me. Occhi da streghetta. Solo dalle sue parti in Itaglia li hanno così belli. Mi sono goduto le sue labbra turgide, la sua lunga lingua, prepotente almeno quanto il mio cazzo. Al nostro incontro il suo primo atto è stato quello di cacciarmela in bocca. E vi dirò che sa baciare bene.


Non solo baciare. Ma anche leccare, succhiare, penetrare. Ha voluto assaporare ogni centimetro del mio corpo. Alla sua lingua affidavo con fiducia anche il mio culo, se lo mangiava. Lo mordeva. Lo baciava. Se lo leccava tutto, sapendo di farmi godere come un matto. Lo bagnava con la sua saliva e poi, con la lingua, arditamente mi scopava.



Mi leccava i piedi e le mani. Ogni centimetro del mio corpo. Felice ogni qualvolta poteva, leccandosi le labbra, sbottonarmi i pantaloni. Le piaceva succhiarlo e sapeva farlo molto bene. Io godevo e lei se ne beava, succhiandolo ancora meglio, se possibile. Ma questo l'avevo capito fin dal principio.



Mi ha subito mostrato le sue virtù di abilissima pompinara. E ho capito che sarebbe stato assai piacevole godermi la sua bocca golosa.



Così adoravo lasciarmi sbottonare, mentre mi guardava con occhi stregati di gatta. Quando poi in me prendeva il sopravvento l'uomo delle caverne, si lasciava chiavare con forza la bocca. Godendo. Con una mano imperiosa le spingevo la testa su e giù, lungo tutto il mio cazzo, a volte fino alle tonsille.


E come godevo a venirle in gola o, ancora meglio, sul volto. Per un grandioso pompino non c'è finale migliore che godersi la vista dei rivoli candidi sul volto di chi tanto ci ha fatto godere.


***

Per il momento mi limito all'orale. Il pranzo pasqualizio incombe. Che noia. Povero cazzo.

mercoledì 20 aprile 2011

Oniricus

Meglio del perdersi in fondo all'immobile
Meglio del sentirsi forti nel labile.
(Lieve, Csi, 1994)





Un'altra identità mi ci vorrebbe proprio, più incognita dell'incognito. Dotata di superpoteri. Quelli che donano i sogni, dove tutto è permesso. Altro che Inneres l'indignato.

Oniricus!

Sì, è vero. Ricorda da vicino altri nobili esempi di doppia, mascherata identità, come Fantomas o Totò Diabolicus. Ecco, io voglio una cosa che stia a la spada che canta come Paperinik a Paolino Paperino o, ancora meglio, come Superpippo a Pippo.

Non mi farò di arachidi, ma di profumatissimo, soave loto.

Ricordate: Oniricus! L'uomo di fumo. E di vuoto. E di sogno. Dotato di un particolare superpotere: tramutare la realtà in sogno, il sogno in realtà. La vida es suenyo? A dirlo è Calderon, non Santiago. Marzullik? Oniricus vuole esserne un superamento.

Insomma oggi nasce un nuovo personaggio.

Oniricus.

Tremate dunque donne d'ogni età, nazione, etnia, stato sociale, colore dei capelli e condizione, fremete ordunque al solo sentire il nome di battaglia della spada che canta mascherata e sotto coperta identità dormiente, incipiente, insipiente, indecente: Oniricus... Oniricus... Oniricus...

Tremanti di mani, vene e polsi a me venite, donne, nell'oscurità del sonno... dinnanzi al nuovo profeta scalzo e penitente, indomabile e renitente. Falso monaco tibetano e puttano.

Sono Oniricus e il mio regno è il sogno.


***

Faccio molte cose quando e come mi va. Compreso dormire. Sono molto disordinato e ho un senso del dovere molto labile. Un senso del Tempo alquanto instabile e provvisorio. Quando crollo dal sonno allora dormo, se posso, altrimenti un motivo o l'altro per fregare la notte lo trovo sempre.

Vado a letto tardi di solito, specie se sono solo, come la scorsa notte. Ho fatto fatica a prendere sonno perché fuori il cane abbaiava per la solitudine. (D'abitudine, nel cuore della notte, rompe di molto i coglioni, ma basta un richiamo gutturale e deciso, e quello subito s'azzittisce, e si fa mogio mogio). Tra l'altro era pure luna piena. D'altronde anche a me capita di abbaiare alla luna, per cui lo capisco. Finché non rompe troppo mi sta bene, poi inizio a urlargli di smettere. C'è da dire che, per essere un cane disobbediente (ha pure un qualcosa di asinesco, non saprei dire), smette subito o quasi.

Se poi già dormo non sento neppure le cannonate. Il canide può abbaiare fin che vuole, io sono in un'altra dimensione. Ora, per esempio, sta lì a latrare con gli altri consimili del vicinato. Che si diranno, boh? Chi li capisce i cani. Non sto a sgridarlo ora, ma se sto tra le lenzuola è un altro discorso.

Nel sogno dormivo. Strano eh? Si possono fare un mucchio di cose nel sogno, scalare il K2 o trombarsi Michelle Hunzicher ad esempio. Io no, dormivo. Cioè dormivo e allo stesso tempo sognavo di dormire. Un sogno piuttosto rilassante, non c'è che dire. Rilassato io e rilassato il mio cazzo, che spesso, quando mi sveglio la notte o al mattino, me lo ritrovo invece eretto come un cobra affamato, dolorosamente duro e in tira, che mi guarda supplice con quell'unico occhio languido.

Non è il caso della notte scorsa. Lui, giuro, se ne stava lì buon buono. Sapete come sono i cazzi quando sono mosci, no? Un bozzolo, un batuffolo di carne, un uccelletto che se la dorme sodo pure lui, rannicchiato sulle palle, con cui fa tutt'uno, come in un nido.

Nel sonno, mentre sognavo di dormire disteso tra candide lenzuola, ho sentito una mano. E non era Lei. Perché Lei è lontana, ma torna, torna. E poi non era altro che una mano. Sì, una mano e basta, priva del resto del corpo. Una mano femminile, questo è chiaro, bianca lattea. Forse straniera. Chissà perché straniera? Forse per il candore, o magari per la freddezza. O sì, fredda era fredda, pareva la mano d'una morta.

Sogno di merda si dirà. Attento, ora ti strozza quella mano lì. Non ti fidare, svegliati! No, invece non avevo nessuna paura, anche perché la mano nel frattempo si era intrufolata tra le lenzuola, più o meno all'altezza della metà del letto. E poi, bisogna ammetterlo, era proprio una bella mano, bianca come il terrore dell'ignoto e venata di madreperla. Curata e plastica.

Imperterrita è avanzata camminando su indice e medio fino ai miei fianchi, come in un gioco di bambini. Ho sentito un po' di solletico all'inizio, nell'indugio, poi è risalita decisa verso la meta, affondando dolcemente le unghie di gatta nella mia pelle.

Ha ghermito il nido dormiente la mano fredda, posandosi sopra il bozzolo ancora informe. Senza tenerezza, interessata al dominio, a piantare il vessillo. O forse al teporuccio che il nido emanava.

Le dita si sono allungate cingendo l'insieme che ancora non dava segni di risveglio, nessun sussulto. Col palmo e i polpastrelli cercava il calore del contatto, lieve tentava d'impossessarsi di ciò che a lei mancava, di ciò che più desiderava. Ma restava gelida e nel contrasto si creavano vampe di umidità sensualità. Però il brivido freddo aveva dato la scossa all'ambiente. Un principio di turgore. Si dirà turgore? Turgidità? Be', quello mio era proprio turgore.

Senza furore la mano lieve e innocente ha immediatamente approfittato dell'attimo. A forbice, le lunghe dita di luna hanno diviso il cazzo dallo scroto. Be' se si chiama scroto non è colpa mia. Non è un appellativo bellissimo, scroto. Forse che le due palle non si sono messe d'accordo sul nome?

Già, le famose due palle. Proprio loro. Tutte lì belle srotolate. Perché se nel sonno l'uccello si rannicchia, loro invece si srotolano. Non c'è nulla di strano, sono rotondette. Certo alle volte girano come pale di mulino. Perdono una l insomma, e invece di srotolarsi piacevolmente ecco che prendono a vorticare. In questi casi meglio stare alla larga, e vale pure per me.

Ma non è il caso del nostro sogno, il brivido freddo le ha messe d'accordo e congiuntamente si sono rattrappite. La mano è rimasta contenta, o almeno così pareva in quel tocco lieve che pareva una carezza. Subito ricambiata dallo scroto, ormai unanime nel rattrappirsi ancora di più.

Il cazzo si era ormai destato e si accingeva a diventare grande e vaccinato. Ancora molto assonnato però, percepiva l'estraneità di quella mano. Allo stesso tempo ne era ringalluzzito e disorientato, incerto tra la repulsa e la lusinga.

Ahi, com'è debole il cazzo umano! Così forte e così fragile, uccello implume e maestoso. Mettergli una pipa in bocca sarebbe dileggio, non si tollera questa forma di sacrilegio. Principio sacro è il lingam, principio sacro la yoni. E pace in terra agli uomini e le donne di buona volontà.

A volte l'uccello pare quasi privo di volontà, smarrito, pare aver perso il nido, s'inturgidisce ancora. Ossequioso si leva il cappello. Lieve la mano lo impugna, come farebbe con un pennino.

Pennino a chi? Non si si scrive col cazzo. Oppure sì?

Troppo tardi per mettersi a sciogliere simili dilemmi, la mano non si pone pensieri del genere. Immaginate quella d'Alessandro mentre impugna la spada a Gordio, non la sfiora il dubbio, esegue. ("E a me forse occorreva il coltello che recide, la mente che decide e si determina").

Ma questa è femminile, tenue e delicata mano di signora. Non per questo meno decisa e imperiosa. Del pennino ne fa asta di bandiera. Per il suo bianco vessillo. Lo impugna come Alessandro a Gordio la spada. Con due dita, indice e medio, stira la pelle del membro sino a raggiungere le dispettose gemelle sempre più rattrappite: due ziette, che ogni tanto ricevono una fredda carezza.

Le due dita a forbice svolgono lente il loro compito, incessanti proseguono l'opera di destabilizzazione del cazzo. La goccia scava la roccia. Invece le palle, sotto, fremono come quelle di un torello, sono un tutt'uno adesso. Lo scroto ha la pelle tesa come quella di un tamburo, ruvido e peloso.

Appena la mano si accorge che non c'e ne più per nessuno, che anche l'adolescenza puberale del cazzo è passata, che ormai è ben sveglio, fatto a tornio e in completa erezione, lo afferra stretto e inizia l'opera pia. Avvolto in un manto bianco, freddo come neve, il mio uccello non perdeva il suo calore, ma rendeva incandescente l'elsa. Non per sfida, ma per torbida passione.

In quel momento avrebbe potuto citare i classici a memoria, partire come un razzo missile, pugnalare Cesare e poi anche Bruto e Cassio, cantare come una calunniata spada e sedurre Aglaja per poi abbandonarla. Dico Aglaja, ma potrei dire Aspasia.

La mano forse ignora tutto questo, posa un dito, l'indice, sulla punta della cappella, rosso-viola come le labbra assenti di me che sogno e non mi sveglio. Picchietta addirittura sull'opercolo, una cosa per altro assai fastidiosa. Ora che ce l'ha davanti, bello intostato del suo fulgente turgore, cosa fa? Stuzzica. E non solo. Tende la pelle del membro virile fino al parossismo, quasi a voler sentirne scoppiare la cappella. Che sarebbe il prepuzio, o testa di cazzo. Questo può essere pure un insulto, ma la mano fa di più, è peggio di Behemot. Ora schiaffeggia l'uccello come se si trattasse d'un interrogatorio di polizia, un secondo o terzo grado.

Non può difendersi, schermirsi, e non può reagire, perché quella è la mano d'una signora. Allora ditemi voi se questo è un cazzo. Un atteggiamento insensato direte voi, miei prodi, mie prue e poppe. Da parte della mano. Ma pure del cazzo. Perché non ribellarsi a quella mano morta?

Così è la mia di sinistra a ridestarsi, scaccia l'intrusa, si prende lei la briga e di certo il gusto di fare il servizio giusto. Ma quell'altra non molla, scalcerebbe come un mulo avesse zampe e zoccoli. Fa la zoccola ora, si insinua tra la mano e il giunco, combatte, non molla. Tenace mano bianca.

E' una lotta tra mani ora, combattono per il cazzo. Una lotta immane. Impari. La mano fredda cinge nuovamente il suo trofeo, la coccarda al valor femmineo. La sinistra mia non geme e non si accontenta. Strappa ancora di mano il cazzo, orgoglioso, ma incerto a chi donarsi.

Di nuovo combattono, senza esclusioni di colpi, il vano duello. (Vano? Imperscrutabili sono i disegni del destino. Così fu volere degli dei e non autocombustione quella di Troia fumantina). La straniera pare prendere il sopravvento, fa l'offesa, poi tenta un colpo di mano audace e si rifà sotto col malloppo. Le palle, ormai sullo sfondo, ma sempre intense, non sanno per chi tifare. A che santo votarsi, visto che qui si mescola il sacro col profano.

Trovano un accordo, giungono a un compromesso, finalmente, per far godere quel cazzo intristito. Se lo spartiscono, alla
fredda e bianca mano andrà il manico e alla mia povera sinistra non restano che le umili e silenti palle. E' un patto leonino, si capisce, ma per imperscrutabili motivi la sinistra accetta di buon grado. Come dire, si sacrifica per il bene maggiore. Che sarebbe poi far godere il pennacchio, che sta lì, lui pure muto, e sembra non capacitarsi.

La mano straniera a questo punto della vicenda non si perde in sterili palpeggiamenti, saggia la preda, stringe in una morsa l'asta, si muove prima lentamente poi sempre più rapida, fino al parossismo. Parossismo che non tarda a giungere al culmine. In un tripudio di bianchi fiotti, ecco i vessilli della mano straniera. Vassalli. Lei fa scivolare la punta delle dita sul candido seme sperso. Pollice e indice lo trovano appiccicoso, lo trovano indecente.

Il cazzo si guarda attorno come si guarderebbe attorno la nuvola, e la statua, e il falco alto levato. L'olimpico si sgonfia, si smoscia esausto, appagato. Gli è tornato il sonno al fallocrate. Vuol tornare ad appisolarsi (tu Pisolo, anche stavolta, non c'entri un piffero), magari senza che io dorma sognando di dormire e che poi nel sogno una mano...

Le mani. La mia, la sinistra. E poi quella gelida, bianca, calcolatrice, straniera. Direte voi, che ti frega, il servizietto l'ha fatto. E ora... fanculo no? No, ma come fanculo? Che modi sono, intanto mi ha fatto godere il cazzo. Diciamo la verità, pure quando lo schiaffeggiava un po' godeva, sornione. Poi è la mano di una signora. Ma quale signora e signora, direte voi, è una peste, un'aquila bicefala, le si bruciasse il cuore. No e poi no. Un certo stile anche nel sogno bisogna tenerlo. Una linea, una condotta.

La mano mia sinistra freme, non vede l'ora di saltare addosso all'estranea. Le palle, a dir la verità, se ne sbattono proprio, si risrotolano tutte e riprendono a ronfare beate.

La sinistra si getta al rinnovato assalto, prende di sorpresa la straniera che pare soccombere. Sonore pernacchie, urla e incitazioni si levano da un pubblico per altro assente. Anche il cazzo già russa, se russasse, ma al solito non russa. La straniera alfine si riscatta, sarà stata la frizione, sarà stata l'afflizione, non è neanche più fredda: irata d'ira funesta come un'amazzone si issa sulla mano mia e la costringe alla resa incondizionata.

La mano bianca trionfa.

La mia maschia mano sinistra riconosce il proprio fallo e umilmente porge omaggio alla femminilità trionfante. In un delirio sordo, pigro come la pippa orientale di un certo ex marinaretto, un folle poetastro che farebbe di tutto per non stare tutto il tempo a buttare giù i cappelli della gente per strada.

E' vero, come il fratello mio grande innominato, sepolto vivo in mare, posso sembrare reticente. Ma questo è un sogno e tutto si può dire. Oppure niente.

Magari solo riconoscere che è cosa buona e giusta ciò che dice il saggio: torna a dormire che è tardi, codardo. Anche stavolta hai dato buca alla luna.

Per un figlio primigenio di Lilith, non v'è problema alcuno.




Epilogo e colpo di scena: La sinistra ha stretto la mano alla straniera, che ha mostrato dapprima un certo stupore per la strana cerimonia che si stava apparecchiando. Tra lo stupito e l'interdetto per l'esattezza. Così è stata interrogata in proposito, senza apostrofi ne ipocrisie. Ma tu chi sei? Da quale territorio del sogno vieni, mia bella e bianca e signorile e femminea mano, pure se non più tanto fredda?

Ma dico, risponde quella, cioè la straniera ex freddamano, ma dico, ripete alla sinistra, sei diventata grulla? Non vedi che io son la destra, che t'eri pensata con questo "insomma chi siete? Quanti siete? Cosa portate? Un fiorino." Stavo lì tutta rattrappita, prosegue, schiacciata e pigiata sotto il corpo pesante d'Oniricus, insomma di lui, l'identità segreta. Non sentivo più me stessa, mi pareva non scorresse più il sangue, costretta com'ero sotto quel corpaccione di maschio. (E che maschio poi, aggiungerei io, ma son di parte e mi taccio). Sono venuta fuori e... Tutto sto ambaradan... Per cosa poi?

Insomma la destra, non più straniera, incredibile e fredda, confessato il fattaccio con la giusta erre dei fatali colli emiliani, compunta si risistemava sotto il corpaccione sognante d'Oniricus.


Sogni, dubbi, stati d'animo, mani, il mio cazzo esausto... Nulla più.


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Ampio apparato di mani e cazzi,
tra cui il sottoscritto.

Nuova edizione, in sordina, dell'Indovinapisello,
IV nel suo genere, io credo.

Stavolta è quasi facile.



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Colonna sonora:


Lieve, versio Marlene Kuntz, 1999 - http://www.youtube.com/watch?v=E91xLvNDdgU


Lieve, Csi, 1994
- http://www.youtube.com/watch?v=nECLM2lzVos&feature=related


La ricostruzione del Mocambo, P. Conte, 1989
- http://www.youtube.com/watch?v=kaLPyDZYmbg


Io sto bene, Csi, 1994
- http://www.youtube.com/watch?v=M702l-fQSDY


Mi ami?, Cccp, 1985
- http://www.youtube.com/watch?v=T1LSI8_qW-I


Non farò mai quello che vuoi, Skiantos, 1979
- http://www.youtube.com/watch?v=MaXPWveXk5Y


Brucia Troia, V. Capossela, 2006
- http://www.youtube.com/watch?v=QaNfVJUfWV8


Non trattare, V. Capossela, 2006
- http://www.youtube.com/watch?v=illCexsX-z8&feature=fvwrel



Caldo, Diaframma, 1988
- http://www.youtube.com/watch?v=F9vf1phwLC4


Tre volte lacrime, Diaframma, 1991
- http://www.youtube.com/watch?v=FGuPAzviTq8&feature=related