Quello che volevo
l'ho avuto,
Lei è la mia troia.
Due giorni senza potermela
godere,
sono tanti.
Per me.
Per Lei.
La volta prima, poi,
mi aveva fregato.
Quando stavo per giungere
al culmine le dissi i miei desideri:
voglio innaffiarti la faccia,
è tanto che non lo faccio.
In alternativa voglio il culo.
Mi diede il suo culo da innaffiare.
Porca paletta si direbbe.
Ohibò.
Vabbè, non sto lì
a far tante storie.
Il suo culo ha davvero
qualcosa di speciale,
tanto da essere nominato,
suo malgrado,
da un bastardo,
a livello nazionale.
Ma questa è un'altra storia.
Privata e sua.
Insomma, il suo culo
sempre mi esalta,
ma ultimamente
ne ho fatto scorpacciata.
Preferivo la prima opzione.
Così ho aspettato, al varco,
la prima occasione.
Che io sia porco,
a me pare ormai chiaro.
E poi mi piace godere
come un somaro infoiato.
Ma volevo il suo bel volto,
chiudesse pure
i suoi occhi di smeraldo.
Lo sperma brucia!
L'ho allenata la spada
in quei giorni,
senza farla sfogare.
Ergo: i coglioni erano davvero pieni.
Così le ho chiesto il volto,
dopo averle prolungatamente
stantuffato
la fregna
(perché a un certo punto
della situazione la figa
diventa una vera fregna,
fradicia).
Così ha chiuso i suoi occhi
e spalancato la bocca,
le ho dato le ultime botte
furiose
in figa
poi sono uscito di corsa
e le ho inondato il viso.
Lo sperma copioso
colava su tutto il volto,
sul naso, sulla bocca, piena,
sulle palpebre e la fronte.
Potenti fiotti
di caldo sperma
avevano raggiunto
i capelli.
Ma tanto li doveva lavare.
Con gli occhi ancora chiusi
l'ho guidata in bagno.
Quello che non volevo,
l'avrei potuto evitare.
Ma ormai avevo detto sì
e ci dovevo andare,
ci dovevamo andare.
Io e Lei,
alla cazzo di festa
di compleanno.
Dovevo saperlo
che di certo sarebbe stato
presente
anche la faina.
Mi reputo uomo moderno
e a volte pure
spregiudicatamente libertino
(ma che termine arcaico però),
mah...
Mah... fino a un certo punto.
Ora, io posso pure essere pirla
ad essere andato alla festa,
però la troppa vicinanza
col tizio
non è che mi metta a disagio,
è che alla fine, ogni volta
(ed è già la seconda cazzo di volta
che succede)
mi girano poi vortacosamente
i miei sanctissimi,
sed etiam pregiatissimi,
miei coglioni.
Ed è pure recidiva.
E comunque mi tocca
preparmi alla bisogna.
Non faccio neanche tante storie
e quando mi parla
della presenza
della faina
la guardo e non commento.
Che è già un cazzo di commento.
Il fatto è che ultimamente
la ragazza si comporta
davvero bene,
e dice di amarmi e stramarmi.
Sincera.
Preparo
tre belle trombe
e poi sono bello.
Un orso solitario
che di raro mette il naso
fuori dalla tana,
sciupato, un poco sbattuto,
perché son sregolato,
ma bello,
cazzo.
Le femmine lo so
ossequierano,
invidieranno Lei,
e infatti alle mie cortesie,
ai miei baci sulle guance
andavano in sollucchero.
Anche i maschi
in questi casi,
se non esageri, se non debordi,
portano rispetto
(quanto invidioso,
velenoso, viperoso,
falso rispetto
spesso,
molti di loro potessero
mi metterebbero forse sotto
con la macchina,
ma di notte
e a fari spenti).
Decido come sempre.
Ogni rara festa dove vado
è anche la mia festa
e posso essere o spettatore,
(acutissimo e acuminato spettatore),
o protagonista.
Solo queste due cose
so fare,
ahimè.
Così decido
che non mi curerò
per nulla della faina,
non reggerò il loro gioco.
E così faccio.
E non giaccio,
non mi adagio,
solo che troppa allegria
(be' lo so la festa l'avrei evitata,
però già che ci sono
mi diverto un po'
ad accarezzare
qualche cagnolino scodinzolante).
La faina no,
non la evito,
e lui che evita,
nella grande sala,
sta sempre all'opposto
E brava la faina.
Che ormai sa
che io so,
se già non lo sapeva.
E di questo,
con Lei, al più presto,
indagherò.
Evita me lui,
ma naturalmente,
da buona faina,
non Lei.
Non le ho detto niente poi.
So già la risposta.
Ma cosa avrei potuto fare?E già poverina,
perché poi va pure compatita.
Così la vedo che parla con lui
prima al bar,
calcolo,
a occhio,
un buon quarto d'ora.
Poi buona buona
viene a sedersi al mio tavolino.
Esco per suonare
con un amico
una delle mie trombe.
Torno,
chiacchiero con uno,
poi con un altro,
poi ancora con un altra o altro.
Nel frattembo sbevazzo
come un dannato,
e siccome son poco avveduto,
testa bacata
diventa otre gonfiata.
Con pessima scelta
mi do ai superalcolici.
Vedo che c'è una bottiglia
di Pampero,
e non so resistere,
mi ci avvento.
Ah il Pampero!
Raccatto anche qualche
gin lemon,
e tento un paio di mojotos,
i più schifosi della vita mia,
davvero atroci,
carichi di zucchero
(non di canna).
Ma il Pampero era finito.
Pure colpa mia oh!
Mi giro e vedo
Lei seduta al tavolino
a fianco alla faina,
che amabilmente
chiacchierano,
tra gli amici di lui.
E qualcuno è pure amico mio,
o qualcosa del genere,
cazzo.
Io in piedi, al bar,
col mio mio miglior amico,
che tutto sa,
mi taccio,
osservo,
e dico:
ma ti pare?
Lui mi guarda,
è un bestione
intelligente e buono,
vecchio stampo,
non risponde.
Risposta eloquente,
ché lui sa
che io so già la risposta.
Io non l'avrei permesso.
E non sarebbe la prima volta.
Quindi bevo e bevo,
ma sembro una quercia,
un po' ingobbita è vero,
ma reggo.
Reggo bene,
nonostante la lunga astinenza.
Lei chiacchiera con la faina
un altro buon quarto d'ora,
poi immagino le sarà squillato
il campanellino d'allarme.
Perché la volta prima
avevo lamentato
la lunga mezzora.
E l'avevo manifestamente cazziata,
il giorno seguente.
Stavolta no,
per non turbare
l'equilibrio,
perché a freddo è meglio.
Domani vedremo.
Comunque io faccio la spugna
e quando alzo la testa
un paio di volte,
la faina è li che mi guarda
sorridente?
Ridente?
Irridente?
Confidente?
Ma de che aò?
Ormai ho capito
che fa parte di una specie strana,
è una faina ridens.
Ma che cazzo te sorridi,
o scemo,
sei un bel tipetto,
farai pure un mestiere
che a Lei e alle donzelle spesso
garba assai,
ma se non ti torco il collo
è perché non è nel mio stile.
(O magari mi mena lui,
che questi tipetti di città
spesso fanno pure
arti marziali).
Preferisco ignorare.
Intanto,
inesorabilmente,
mi sbronzo.
Ma non sarei io,
se, sempre relativamente
lucido e sempre dignitoso,
non riesca a battere
in ritirata
prima di un catastrofico crollo.
E il mio miglior amico
non sarebbe tale
se prima di andar via
non mi dicesse,
a quattr'occhi naturalmente:
smettila di bere.
Io ammicco,
faccio capire
che va tutto benone,
ma lui prima di uscire,
si volta e mi dice ancora.
con le labbra stavolta:
smettila di bere.Forse anche più di me
il mio amico
sa essere ubriaco e serio
.
Così avverto Lei
e senza saluti per nessuno
al mondo
salto fuori
giusto in tempo.
Lei viene fuori dopo un cinque minuti,
il tempo dei saluti.
Faina ti strozzo.
Strada vuota fino a casa di Lei.
Io vomito.
Per fortuna non c'è la stradale.
Sarei da arresto.
Anche se ho ancora
un barlume, un scricciolo
di volontà
per riuscire
a fare quei maledetti
tre kilometri.
Con strada bagnata e gomme lisce.
Perché sono un maledetto.
A Lei non la faccio guidare.
Vomito ancora a casa sua,
poi mi ripiglio,
mangio una mela
e mi piglio un oki.
Via, non voglio
neanche un istante
il mal di testa.
Voglio dormire.
Dormire più che vivere,
come disse un poeta,
uno a caso.
Ma quando sono in queste condizioni
dormo poco,
così dopo un paio d'ore,
ancora buio pesto,
mi sveglio
e la trombo.
Perché Lei è la mia troia.
Ps: post lungo, scombinato e non riletto, vista l'ora, domani lo sistemerò, non ridete dei miei
errori. E seguiranno belle foto in tema, di quelle rubacchiate. A domani miei prodi! E mie prode!
PARTE I

Questa è una foto che mi piace assai.
Anche perché lei si somiglia tremendamente a Lei.
Anche la stessa lingua...
Quella sotto invece è una variante sul tema.

Ben gradita.

Ma preferisco sul faccino...
Dolce, tenero...

Intevo questo.

O ancora meglio questo.
Ma ho fatto di peggio.
Davvero una fontana...
PARTE II

Ecco cosa meriterebbe.

No no, non farle il culo.
Che quella ne godrebbe.
Sculacciate. Culo porpora.
Così impara ad arrossire.

Poi chiaro, sarei indulgente.